Solo 20 secondi di conversazione telefonica prima di morire. Tanto durò lo scorso 9 novembre l’ultima chiamata sullo smartphone del 19enne Paolo Stasi, poi freddato con due colpi di pistola dal piccolo calibro proprio sotto casa sua in via Occhibianchi a Francavilla Fontana. Nei paraggi fu trovato e sequestrato dai carabinieri una sorta di borsone, ritenuto utile alle indagini. Il killer a oltre due mesi dal delitto non ha comunque né un nome né un volto certi.
Si procede per ipotesi investigative e di sicuro che indagato è un 18enne, cui nei giorni scorsi sono stati sequestrati una pistola a gas e circa 9mila euro in contanti: erano custoditi in una scatola di cartone chiusa in un cassetto. Secondo il legale del 18enne, Leonardo Andriulo, quella pistola era innocua e quei soldi derivavano in parte dai regali di compleanno ricevuti dal suo assistito – diventato maggiorenne poco dopo la morte del suo amico Paolo – e in altra parte dal suo reddito di operaio presso l’impresa edile dello zio.
Intanto, pur nel silenzio dell’inchiesta, trapelano altri particolari di quel giorno: Paolo, dopo essere stato raggiunto dai due spari, uno dei quali letale, sarebbe riuscito a guadagnare la porta di casa e a chiudersela alle spalle, prima di accasciarsi al suolo. I soccorsi furono chiamati due minuti prima delle 18, ma come noto per lui non ci fu nulla da fare. I tentativi di rianimarlo si rivelarono del tutto vani.
Gli investigatori della Compagnia di Francavilla, coordinati in un primo momento solo dal sostituto procuratore di Brindisi Giuseppe De Nozza, poi anche dalla collega Paola Guglielmi della Procura per i minori di Lecce, acquisirono diversi potenziali elementi di prova, compresi per l’appunto quel borsone e il cellulare di Paolo.
Dall’analisi di quest’ultimo spuntò un’ultima conversazione, che condusse a un cittadino straniero poi rivelatosi estraneo ai fatti: era solo l’intestatario di quell’utenza che si mise in contatto con Paolo per 20 secondi.
La pista privilegiata era e resta quella della droga, per un presunto giro e motivazioni tutti ancora da ricostruire. Chissà cosa si sono detti Paolo e il suo interlocutore nel corso di quell’ultima chiamata, chissà se sapevano che sarebbe stato il loro ultimo contatto prima del buio. Non esiste una registrazione, giacché le due utenze non erano monitorate dalle forze dell’ordine, ma solo i tabulati telefonici oltre alle chat. Al vaglio di investigatori e inquirenti anche le comunicazioni tra Paolo e sua madre.
Intanto, la famiglia del giovane invoca giustizia e, assistita dall’avvocato Domenico Attanasi, resta per ora alla finestra confidando nel lavoro della magistratura e dei carabinieri.