Non si può parlare propriamente, al momento, di un’inchiesta e non si sa neppure lo si potrà fare nei prossimi giorni. Un fatto è certo: per cause o, meglio, per motivi da accertare, una donna di 33 anni residente a Francavilla Fontana l’altro ieri pomeriggio si è gettata di sotto dai piani alti – nono o decimo – dell’ospedale Antonio Perrino di Brindisi dopo aver cercato e trovato una finestra aperta. La giovane donna si sarebbe allontanata da suo marito con un pretesto, poi avrebbe preso l’ascensore e si sarebbe allontanata da lui per compiere, evidentemente, il suo progetto autodistruttivo. Del fatto si occupa la Procura di Brindisi ma non vi è a tuttora un’indagine definita come tale.
Non vi sarà autopsia sul suo corpo, parla già il poli-trauma da precipitazione dall’alto: la dinamica dell’accaduto appare ben cristallizzata, sebbene il focus degli investigatori possa nei prossimi giorni concentrarsi sulle eventuali responsabilità dell’accaduto. La famiglia della persona lanciatasi nel vuoto ha intanto indicato già un legale di fiducia, che per ora segue la questione dal di fuori in attesa di probabili sviluppi. Le domande che ci fa sono numerose, ma tra esse ne prevale una: com’è stato possibile che una paziente affetta da grazi problemi di salute potesse avventurarsi tranquillamente in giro per l’ospedale e soprattutto trovare lassù una finestra aperta e, per così dire, disponibile per assecondare il suo intento di suicidarsi?
La comunità francavillese, già scossa dai recenti fatti di cronaca del periodo, piange un’altra sua figlia: tutti la descrivono come una bravissima donna e mamma e non si fanno una ragione di ciò che è accaduto. Si ragiona e ci s’interroga sul resto: posto che la 33enne era in ospedale per problemi di salute, di chi era la responsabilità di sorvegliarla o di impedirle quell’estremo gesto, che ha gettato nello sconforto non soltanto la sua famiglia – figlioletti compresi – ma anche chi l’ha conosciuta? Dalle domande potrebbe sorgere ben presto un’inchiesta, sempre a meno che ogni e qualsivoglia responsabilità sia esclusa a monte.
Gli elementi sicuri sono pochi, oggi come oggi: in primis, una giovane donna ha perso la vita in un ospedale pubblico e ha soprattutto potuto farlo. L’hanno soccorsa, purtroppo invano, i sanitari e i vigili del fuoco, fondamentali per farne scendere di sotto il corpo esanime. Poi sul posto anche polizia e carabinieri. Ora le indagini, tanto delicate quanto al contempo complesse: qualcuno avrebbe potuto impedirle a quella donna di giungere alle estreme conseguenze malgrado fosse affetta dalla sua, pur grave e avvilente, malattia? Domande tante; per le risposte vi sarà da attendere.