Veneto Banca, fissato l’appello: centinaia di risparmiatori si ritengono truffati, migliaia di euro andati in fumo ma non è detta l’ultima parola

Una battaglia legale che dovrà necessariamente continuare. Dopo la condanna in primo grado, giunta lo scorso 4 febbraio a Treviso, l’ex amministratore delegato di Veneto Banca Vincenzo Consoli ha presentato ricorso, per il tramite dei suoi legali di fiducia, in secondo grado e la prima udienza è stata fissata dalla Corte d’Appello di Venezia per il prossimo 19 ottobre presso l’aula bunker del Tribunale di Mestre. Consoli era stato condannato alla reclusione e al risarcimento dei danni patiti da numerosi risparmiatori anche della provincia di Brindisi, diversi dei quali difesi quali parti civili dagli avvocati Antonio Andrisano e Domenico Attanasi del Foro di Brindisi.

Gli avvocati Attanasi (a sinistra) e Andrisano in fila prima di entrare nel Tribunale di Treviso

I correntisti della banca, almeno stando a quanto emerse a processo, erano stati frodati dallo stesso istituto di credito, a suo tempo diretto dallo stesso Consoli. Questi subì dal Collegio trevisano una condanna a quattro anni di reclusione e alla rifusione in favore delle parti civili, che hanno avuto diritto a una provvisionale – immediatamente esecutiva – pari al cinque per cento del capitale a suo tempo perduto fino a un massimo di 20mila euro. In realtà, quello a carico di Veneto Banca è una sorta di maxi processo economico-finanziario con diramazioni in tutta Italia. Anni addietro furono proposti e piazzati ai clienti dell’istituto e, consci della loro ignoranza in materia, prodotti non idonei rispetto al rischio che gli stessi avrebbero comportato. Un rischio piuttosto alto che a distanza di qualche anno si sarebbe purtroppo concretizzato.

La questione va spiegata molto semplicemente: si sarebbe potuto guadagnare tantissimo o perdere tutto, ma il problema fu di carattere informativo. Sarebbe stato necessario mettere trasparentemente i risparmiatori al corrente di ogni e qualsiasi ipotesi positiva ovvero negativa che si sarebbe potuta stagliare all’orizzonte, cosa che – almeno stando a quanto emerso nel corso della complessa istruttoria dibattimentale del primo grado di giudizio – non sarebbe avvenuta affatto. Da qui provenne la condanna di primo grado a carico dell’amministratore delegato Consoli, massimo responsabile nella gestione di quella che fu la “sua” banca.

Una sorta di responsabilità mista tra soggettiva e oggettiva, con ovvie e inevitabili diramazioni nei territori.

Gli avvocati Attanasi ed Andrisano si dissero in precedenza soddisfatti sottolinearono, tra l’altro, che a tutela dei propri clienti si erano mossi anche sul fronte Fir (Fondo Indennizzo Risparmiatori) ove fu già ottenuto il riconoscimento di un indennizzo pari ad un ulteriore 30% del capitale perduto. Il resto della storia lo scriverà la Corte d’Appello di Mestre e poi in seguito, nel caso, la Corte di Cassazione. 

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