di Eliseo Zanzarelli
Premessa: nessuna polemica, e ciò sia chiaro. L’ha detto persino un personaggio noto come Dario Vergassola, sabato scorso, durante la serata conclusiva di Teatrestate: “Frequento la Puglia da anni, ma prima che m’invitassero qui, non avevo mai sentito parlare di Oria, che è un paese bellissimo, solo forse poco valorizzato. Non gettate via tutta questa storia e questa bellezza che in due giorni mi hanno davvero affascinato”. Per una volta, non c’erano ironia né sarcasmo nelle parole di Vergassola.
Non che ci voglia il Vip per accorgersi di questo dato di fatto, ma se lo dice un Vip che arriva qui da fuori e finisce per amare Oria in appena due giorni, beh, un qualche peso quell’opinione sopra le righe può avercela.
In fondo, rispecchia il sentire comune di autoctoni e turisti qualsiasi. Si ha un tesoro, ma è ancora perlopiù sepolto. Un tesoro volutamente o inconsapevolmente – peggio – nascosto. Non ci sono responsabilità o colpe specifiche politiche o amministrative.
Nel corso degli anni, semplicemente, non è stato incentivato mai a dovere quel turismo che spesso torna utile in campagna elettorale. Ci si accontenta di quel poco che occasionalmente si ha, soprattutto grazie alle energie profuse dalle associazioni locali e dai singoli cittadini.
Quando un sindaco qualsiasi e un’Amministrazione qualsiasi hanno assunto “potere” e compiti da svolgere – nella storia e non solo negli ultimi tempi – non hanno voluto o saputo scommettere seriamente sul turismo, sulle potenzialità che questo borgo, si dice trimillenario, potrebbe sfruttare a uso e consumo proprio ed esterno.
La passività e il refrain annuale – Torneo, agosto e bla bla bla – come stile di vita.
Nessun incentivo al fermento artistico e culturale che pure cova tra quelle antiche pietre, nessuna innovazione per davvero attrattiva, nessuna trovata originale e geniale quale fu, nel 1967, quella del Torneo dei Rioni, che in fondo in fondo resta sempre uguale a sé stesso nonostante le miriadi di tentativi di adeguarlo ai tempi e alle esigenze di coloro i quali, principalmente, provengono da fuori.
Esempio pratico: in una singola giornata ci può essere una sola manifestazione, altrimenti poi le manifestazioni si accavallano. Sbagliato: più manifestazioni di diverso respiro, più pubblico per entrambe o lo stesso pubblico un po’ di qua, un po’ di là.
È singolare poi notare come anche piccoli e meno storici comuni del circondario riescano a crescere e diventino mete turistiche di primo piano in Puglia. Chiarissimo. Con un’espressione triviale si potrebbe dire grazie al bip, ma nulla nasce dal niente: negli anni, quei comuni hanno deciso di fare all in, di puntare tutto o molto, sul turismo e finanche sulla cultura. Servono risorse, certo; serve soprattutto crederci.
E a queste latitudini all’affrancarsi dalla definizione di realtà principalmente agricola nessuno ci ha mai creduto per davvero, e persino l’agricoltura – coi figli che fuggono e i genitori che li incitano ad andarsene a cercare fortuna – non fa più neanche da perno economico e di sostentamento familiare. Testimonianza ne sia la discesa vertiginosa della popolazione, certificata dall’ultimo censimento.
I locali pubblici aprono anche ma dopo un po’ chiudono, gli esercizi commerciali si contano sulle dita di una mano e andrebbe fatta loro una statua per resistenza e resilienza in un contesto nel quale sembrano dei pesci fuor d’acqua. I monumenti – castello a parte, discorso diverso e più complesso – sono spesso chiusi. L’economia resta principalmente circolare: Oria “campa” fondamentalmente coi soldi dei suoi stessi residenti.
Le eccellenze in ogni campo, si badi bene, ci sono. Semplicemente, andrebbero incentivate in modi qualsiasi, ma incentivate. Il modo migliore e più economico sarebbe quello di saper “vendere” bene Oria fuori dai confini strettamente locali. Non è, essa, impresa per gente che s’improvvisa esperta. La pianificazione strategica riguarda anche e soprattutto comunicazione e marketing.
Serve, quindi, cominciare a scommettere sulla comunicazione di qualità, serve marketing serio e non spicciolo, di bassa lega: con questi elementi, tutti ne guadagnerebbero, proprio tutti. E tutti potrebbero, per converso, pagare maggiori tributi al Comune.
Serve soprattutto la mentalità per fare tutto ciò, e in quel di Oria – purtroppo – quella mentalità autenticamente aperta, avvedutamente d’azzardo, non c’è e, a parte qualche sporadico sprazzo d’illuminazione palesatosi negli anni, di fondo non c’è mai stata. Chissà se un giorno ci sarà.
Altrimenti, ora e per sempre solo di Federico II, Torneo, luminarie a Natale, spettacoli rievocativi destinati a piccoli pubblici e poco altro o nulla più.
Poi finisce agosto, l’Epifania tutte le feste si porta via e tutti a lamentarsi, come quei coccodrilli apparentemente dispiaciuti dopo aver ucciso i propri figli o una qualsiasi preda. Occorrerebbe solo e solamente una svegliata, mica dei geni fuori dal comune…