Astrofilo oritano scopre una delle galassie più antiche conosciute nel Gruppo Locale: è la sesta

Giuseppe Donatiello scopre la sua sesta galassia ed è un oggetto davvero speciale

Questa storia sembra uno di quei romanzi gialli in cui il colpevole è il più insospettabile dei protagonisti. Aggiungiamo pure che non è un colpevole occasionale ma addirittura seriale. Cosa c’entra un conduttore radiofonico con l’astrofisica di punta? Eppure, il maggiore scopritore al mondo di galassie nane vicine è chi non ti aspetti ed è proprio un veterano salentino del microfono: Giuseppe Donatiello, noto al pubblico come Jossie.

Dal 1979 Jossie non ha mai smesso di cavalcare la FM in varie emittenti private, stabilendosi dal 2010 preso Idea Radio. Tuttavia, il pubblico poco conosce il suo interesse parallelo per la scienza e l’astronomia, coltivata sin da piccolissimo, tanto da essere uno degli astrofili più influenti. 

Da molti anni è anche un apprezzato autore di articoli di divulgazione e tecnici. Esattamente 35 anni fa, sul numero di luglio 1987, la storica rivista L’Astronomia diretta da Margherita Hack, pubblicava il suo primo articolo. Nel 2022, specialmente da quando è tra i collaboratori della rivista mensile COSMO e del sito BFCspace, gli articoli a sua firma sono ormai più di mille.

Altrettanto, è un famoso astrofotografo con un numero imprecisato di pubblicazioni in tutto il mondo, tra cui le varie Wikipedia, libri e riviste.

Giuseppe Donatiello

Scopritore da record

Già questo sarebbe abbastanza rilevante, ma sono state alcune incredibili scoperte a farne un nome popolare anche tra i professionisti, con la scoperta di ben sei galassie nane vicine. Quattro di esse – unico al mondo – portano il suo nome: Donatiello I, scoperta nel 2016, Donatiello II, III e IV, scoperte nel 2020. Sempre nel 2020 ha scoperto Pisces VII, un possibile satellite della galassia M33, diventando pure il primo astrofilo a scoprire un membro del Gruppo Locale, in altre parole il gruppo cui appartiene la nostra Via Lattea. Nel 2021 ha invece scoperto un lontano satellite di M31 (Andromeda), sempre nel Gruppo Locale, rafforzando tale primato.

Pegasus V 

L’ultima galassia scoperta è stata battezzata Pegasus V perché, per tradizione, i membri del Gruppo Locale prendono il nome della costellazione in cui vengono scoperti e un numerale romano progressivo.

Pegasus V (classificata anche come Andromeda XXXIV per sottolinearne il suo status di satellite di M31) è un oggetto davvero insolito. Appartiene alla ristretta categoria delle galassie ultra deboli ed è posta ai margini estremi dell’alone di M31. Donatiello l’ha scoperta analizzando i dati pubblici d’archivio, resi disponibili dal Community Science and Data Center del NOIRLab dello statunitense NSF, nello specifico quelli raccolti dalla Dark Energy Camera (DECam) collegata al Victor Blanco Telescope di 4 metri operativo in Cile sul Cerro Tololo.

Con lo stesso strumento Donatiello ha scoperto cinque delle sue galassie, tranne la prima che invece fu trovata in sue foto ottenute in montagna. 

Nonostante l’ottima qualità dei dati della DECam, PegV si scorge appena come una tenue nebbiolina che si confonde con il fondo cielo. È stata mancata dagli algoritmi di ricerca automatica ma non è sfuggita alla vista acuta e allenata di Donatiello che, da qualche tempo, è coinvolto in una ricerca mirata di nuovi satelliti nel sistema di M31/M33, come parte di un gruppo internazionale (*) guidato dall’astrofisico spagnolo David Martinez-Delgado dell’Instituto de Astrofísica de Andalucía, con cui collabora anche nello studio dei flussi stellari intorno a galassie simili alla Via Lattea.

Osservazioni più approfondite di follow-up da parte del gruppo, utilizzando il telescopio Gemini North da 8,1 metri, hanno rivelato stelle più deboli in PegV, confermando che si tratta di una galassia nana ultra debole nell’alone esterno di M31 ma più vicina a noi, a circa 2 milioni di anni luce.  

Un oggetto antichissimo

L’analisi dei dati ha inoltre rivelato un fatto davvero sorprendente: Pegasus V sembra essere estremamente povero di elementi più pesanti rispetto a galassie nane simili, il che significa che è molto antica e probabilmente è un fossile delle prime galassie dell’Universo.

“Quella che ho rinvenuto è una galassia speciale perché deve essersi formata davvero pochissimo dopo il Big Bang e non ha generato molte stelle” dice Donatiello. “È inoltre la più debole mai scoperta nei pressi di Andromeda utilizzando dati non mirati e solo con l’ispezione visiva delle immagini. Tale metodo, in un’epoca dominata da supercomputer e algoritmi di ricerca automatica, può sembrare arcaico e artigianale, invece è tuttora il metodo più efficiente per rilevare tali tipi di oggetti. I computer ancora falliscono nel riconoscere semplici fluttuazioni luminose, mentre l’occhio esperto è in grado di eseguire collegamenti più complessi e fuori da banali schemi”.

Il problema dei satelliti mancanti

La scoperta ha anche forti connotazioni cosmologiche poiché allenta la tensione di quello che viene definito “il problema dei satelliti mancanti”. In estrema sintesi: il modello cosmologico più suffragato prevede un gran numero di piccole galassie (satelliti) intorno a quelle maggiori, ma quelle osservate sono in numero nettamente inferiore. Per dare un riferimento, la nostra Via Lattea dovrebbe averne almeno 300, invece ne conosciamo una sessantina. Andromeda ne dovrebbe esibire circa 500 ma ne conosciamo appena una quarantina. Dove sono tutte quante? È un limite osservativo? Oppure i modelli sono sbagliati? Forse entrambe le cose.

Certamente un gran numero di satelliti attende di essere scoperto per la poca potenza degli attuali telescopi (nell’immagine PegV è appena riconoscibile), ma è anche probabile che esista un limite inferiore sotto il quale non avviene la formazione di stelle, quindi parte dei satelliti mancanti potrebbe essere composta di piccoli aloni di materia oscura senza alcuna stella all’interno.

Le galassie più deboli sono considerate reliquie delle primissime galassie che si sono formate e contengono preziose informazioni sulla formazione delle prime stelle. Scoprire esempi di queste deboli galassie è quindi uno sforzo importante, ma anche difficile. Parte della sfida è che queste deboli galassie sono estremamente difficili da individuare, poiché appaiono solo come poche stelle sparse nascoste in vaste immagini del cielo.

Immagini allegate

(*) Il gruppo è formato da: David Martínez-Delgado (Instituto de Astrofísica de Andalucía, Spagna), Michelle LM Collins (Dipartimento di fisica, Università del Surrey, Regno Unito), Giuseppe Donatiello (UAI – Unione Astrofili Italiani, Italia), Emily JE Charles (Dipartimento di fisica, Università del Surrey, Regno Unito), Noushin Karim (Dipartimento di Fisica, Università del Surrey, Regno Unito), Walter Boschin (Instituto de Astrofísica de Canarias, Universidad de La Laguna e Fundación G. Galilei – INAF/ Telescopio Nazionale Galileo, Spagna), Matteo Monelli (Instituto de Astrofísica de Canarias e Universidad de La Laguna, Spagna), Erik J. Tollerud (Space Telescope Science Institute, USA).

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