Una nota dell’associazione Radici 021:
I tirocini extracurriculari, nati come strumenti di politiche attive per l’inserimento ed il reinserimento di soggetti svantaggiati disoccupati e inoccupati, senza alcuna limitazione anagrafica, nel corso del tempo sono divenuti una vera e propria gabbia di sfruttamento e precariato frutto di una cultura malata e sprezzante delle condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici o aspiranti tali.
A tal punto che il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che condanna i tirocini non retribuiti e invita gli Stati membri ad adottare una disciplina comune per garantire un’equa retribuzione.
Donne e uomini, giovani e non, a fronte di una indennità economica variabile da regione a regione, sostituiscono spesso di fatto lavoratori dipendenti, con buona pace dei propositi formativi della misura, spesso impiegati per mansioni così elementari da non rendersi necessario un periodo di “formazione” così lungo.
Sono circa 2.207.777 i tirocini attivati dal 2014 al 2020 e nel 2021 si è registrata un’impennata del +227% nell’utilizzo di questo strumento: risulta evidente, ormai, come questo sia impiegato per ridurre diritti e tutele nel mondo del lavoro.
L’ultimo rapporto ANPAL ci consegna una fotografia impietosa del mercato del lavoro italiano: a fronte di centinaia di migliaia di tirocini attivati annualmente sono poche le offerte di lavoro stabile ricevute al termine del periodo formativo e sono tante le imprese che hanno attivato solo tirocini all’interno delle loro aziende.
Con l’ultima Legge di Bilancio approvata (L. 234/2021) è stata inserita un’importante stretta all’uso improprio dei tirocini, a seguito di emendamenti proposti dalle parti sociali e approvati dal Parlamento.
I vincoli inseriti, qualora fossero accolti integralmente dalle Regioni in fase di scrittura delle nuove Linee Guida, rappresenterebbero un superamento parziale di alcune storture presenti ad oggi nell’accesso al mondo del lavoro in Italia, già abbondantemente precario e “flessibile”.
A marzo è stata avviata la discussione tra Stato e Regioni sulle nuove Linee Guida per i Tirocini, che dovrà concludersi entro il prossimo giugno. Nel nostro Paese serve organizzare il mercato del lavoro secondo giustizia ed equità, unendo alla pianificazione industriale una seria rimodulazione delle politiche attive del lavoro: è inaccettabile che vi siano intere regioni che hanno impostato gran parte delle proprie politiche attive sullo strumento del tirocinio con tassi di efficacia e conversione in assunzioni imbarazzanti, secondo i dati forniti dal Ministero.
Chiediamo ai rappresentanti della Regione Puglia di battersi affinché siano escluse dalle materie oggetto di tirocinio le attività basilari e ripetitive, si superi il meccanismo del tirocinio a vita, si certifichino le competenze acquisite, si definiscano indennità congrue alle attività svolte e si potenzi il contratto di apprendistato in quanto via d’accesso al mondo del lavoro più tutelante e formativa del tirocinio.
L’incertezza occupazionale, propria anche dei tirocini, porta a scaricare ulteriormente sui più giovani e più fragili le difficoltà economiche: in Puglia l’indennità minima dei tirocini extracurriculari è di 450€, ampiamente al di sotto la soglia di povertà e ben distante dagli 800€ mensili di minimo garantiti in altre Regioni.
La Regione deve assumersi la responsabilità di non condannare intere generazioni alla precarietà strutturale. Aumentare l’indennità minima regionale è una questione di dignità.
Non siamo più disposti ad accettare tutto questo. Sulla questione giovanile spesso si fa grande retorica ma poche azioni concrete: come giovani pugliesi ci uniamo per pretendere da chi ci rappresenta un cambio di passo netto, deciso e immediato. Contro la precarietà e il lavoro povero. Per il diritto al lavoro buono e alla giusta retribuzione. Stop sfruttamento.