Di seguito una nota di Euprepio Curto, già senatore della Repubblica:
“Non intendo esprimere valutazioni su ciò che negli ultimi giorni è stato detto sulla vicenda del rigassificatore in località Capo Bianco, e, pur tuttavia alcuni aspetti della controversa questione vanno chiariti quanto meno al fine di evitare una manipolazione degli eventi tale da stravolgere la verità storica.
La prima. Il no non fu dei brindisini, ma di una minoranza politico-sindacale, fortemente ideologicizzata, che diventò maggioranza solo grazie alla pavidità di chi non osò sfidare una opinione pubblica tanto presente sugli organi d’informazione, quanto inesistente nel paese reale.
La seconda. Non fu mai possibile dibattere sul tema in punto di merito. Il no al rigassificatore da parte della Provincia guidata da Michele Errico fu netto e privo di subordinate; mentre quella che seguì non si distinse per orientamenti significativi.
Solo con alcuni fu possibile stabilire un minimo di confronto dialettico sulla scorta della sua idea di una Brindisi votata ad un “Nuovo Modello di Sviluppo”.
Che poi rimanesse senza risposta la domanda su che cosa s’intendesse per Nuovo Modello di Sviluppo, e in quanto tempo esso si potesse realizzare, è tutta un’altra cosa.
Sta di fatto che per bloccare il progetto non fu trascurato nulla: dalla disapplicazione dei pronunciamenti del Tar e del Consiglio di Stato, alla sensibilizzazione e al coinvolgimento della magistratura, fino all’aggressione al Ministro di Alleanza Nazionale, Altero Matteoli.
Cosicché, a distanza di oltre 15 anni, sia pure quale conseguenza della vicenda ucraina, del tema si riparla, senza però questa volta gridare allo scandalo, a dimostrazione della straordinaria ipocrisia che permeò quel progetto da cui avrebbero potuto trarre notevole beneficio molti altri comparti industriali, in primis quello dell’industria del freddo.
Una sorta di ravvedimento operoso, giunto però fuori tempo massimo, che dimostra e conferma quanto miope sia stata la Politica in quegli anni. Ad essa non si chiede il mea culpa, ma solo il silenzio”.