Riecco la basilica cattedrale di Oria: un luogo aperto alla frequentazione e al cuore di tutti. Celebrazione col “vice” di papa Francesco

di Eliseo Zanzarelli
(foto di Debora Mele)

La presenza del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato di papa Francesco – in pratica, il numero due del Vaticano – ha impreziosito la riapertura, dopo tre anni, della basilica cattedrale di Oria a seguito dei lavori di restauro e consolidamento: lavori partiti dalla splendida cupola e poi proseguiti all’interno, dove tutto ora risplende di una luce nuova, una luce che – si spera – rispecchi la fine dell’incubo pandemico.

Un incubo che ha aggiunto e continua ad aggiungere problemi su problemi, un incubo che ha dapprima messo in ginocchio la gente e i fedeli sul piano della salute, ora sul piano economico-finanziario.

E anche la pandemia ha trovato spazio nelle parole del “porporato” e in quelle del padrone di casa, il vescovo della Diocesi di Oria Vincenzo Pisanello, che ha chiamato a raccolta le principali Autorità civili, militari e religiose del territorio.

La celebrazione di quest’oggi – domenica 20 febbraio – è stata incentrata sull’aver finalmente restituito una casa “stabile” e sicura, aperta h24, all’intera comunità religiosa, credente o soltanto amante del bello e della simbologia.

20 febbraio, appunto. Non una giornata qualunque per Oria: il 20 febbraio del 1743 un terremoto sferzò anche Oria, che si disse fosse stata in qualche modo salvata dall’intercessione o, nell’immaginario collettivo, dal mantello del suo santo patrono e protettore Barsanofio Anacoreta: un monaco saggio noto anche per le sue meditazioni nel deserto della Palestina.

A San Barsanofio, nella ricorrenza del patrocinio, è stata dedicata l’inaugurazione della basilica cattedrale intitolata a Maria Santissima Assunta in Cielo: non una semplice basilica pontificia minore, ma anche sede cattedrale.

Cosa vuol dire? L’ha spiegato, durante la celebrazione odierna, il cardinal Parolin: dalla sua cattedra, il vescovo educa non soltanto alla teologica, non impartisce soltanto dogmi e sacramenti, ma somministra umanità e carità cristiana.

Gli ultimi interventi di riqualificazione della basilica cattedrale oritana, infatti, hanno rinnovato tanto la cattedra, quanto il battistero quanto, ancora, l’altare, l’ambone e il coro ligneo della principale chiesa diocesana.

La “casa” del presule, certo. E però anche la casa di Dio, quindi del popolo che si riconosce nel Vangelo.

Come sottolineato dal braccio destro di papa Francesco, ogni città, ogni luogo al mondo è colmo di altari: li si trova nella vita quotidiana, tanto in famiglia quanto al lavoro. Preghiera, speranza e generosità, infatti, non possono esaurirsi al chiuso di un luogo di culto. Si prega anche e soprattutto al di fuori, dando una mano concreta oltre che ideale.

“Sincerità di mente e verità di cuore”, ha detto il cardinale giunto da Roma e ringraziato dal vescovo Pisanello. La presenza di Parolin non era affatto scontata, considerato il suo ruolo di responsabilità in seno allo Stato Vaticano.

Parolin ha portato ai presenti e all’intera comunità i saluti di Sua Santità, avendo promesso di farsi portavoce delle istanze, dei problemi e delle preghiere anche nelle sedi pontificie romane.

Al di là dei concetti teologici e fideistici – con frequenti rimandi esemplificativi ai testi sacri e momenti di “messa cantata” secondo tradizione cattolica – oggi Oria e la sua Diocesi si sono riappropriati di un monumento importantissimo, fondamentale. Di un simbolo tanto architettonico-paesaggistico, quanto intimo e confidenziale. Una nuova “casa”, appunto, illuminata sia fisicamente sia astrattamente di una luce che sicuramente è quella concessa dal progresso, dalla scienza e dalla tecnica, ma che vuol essere anche figuratamente la stessa luce di Dio.

Una luce dedicata – così come l’altare è stato dedicato a San Barsanofio – a coloro i quali credono ma anche a coloro i quali non credono, senza distinzioni di sorta.

“Aperite portas!” (aprite le porte!) è il claim che ha accompagnato alla riapertura dei battenti della basilica cattedrale. Una tradizione che si rinnova, nella speranza che non chiuda mai più. Così come ci si augura, soprattutto, possano restare schiusi e accoglienti i cuori dell’umanità locale in rappresentanza dell’interezza umana.

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