Alle 11 di stamane, presenti il Prefetto di Brindisi, Carolina Bellantoni, il sindaco di Ceglie Messapica, Angelo Palmisano, e il comandante provinciale carabinieri di Brindisi, colonnello Vittorio Carrara, ha avuto luogo a Ceglie Messapica, nelle modalità consentite, la cerimonia di commemorazione del carabiniere ausiliario Medaglia d’oro al valor militare Angelo Petracca. Alla cerimonia ha partecipato anche una rappresentanza dell’Associazione nazionale carabinieri in congedo. Nel corso della commemorazione è stata data lettura della motivazione della Medaglia d’oro al valor militare, sono stati resi gli onori ai Caduti ed è stata deposta una corona di alloro nei pressi di una targa commemorativa già presente sul luogo dell’eccidio, benedetta dal cappellano militare della Legione Carabinieri “Puglia”, don Antonio Cassano.
Angelo Petracca nasce a Casarano (LE) il 6 gennaio 1970 – oggi avrebbe avuto 52 anni – e sin da piccolo si distingue per bontà d’animo, generosità, altruismo e tanto coraggio. Era un ragazzone alto un metro e 90, dal fisico possente, amico di tutti, mite, sempre sereno e solare.
È morto nell’adempimento del proprio dovere, alle 13.30 di 31 anni fa, rispondendo all’imperativo etico di garantire la sicurezza delle popolazioni a lui affidate. Era libero dal servizio, si trovava in caserma a pranzare, ancorché fruisse di una giornata di riposo. In realtà, però, stava lavorando. E dire che suo fratello Massimo, la sera prima, gli aveva chiesto di accompagnarlo a un colloquio di lavoro a Bari.
Ciononostante, Angelo va incontro al suo destino e, insieme a due colleghi risponde senza alcuna esitazione a una chiamata di aiuto da parte di alcuni cittadini che avevano visto quattro uomini incappucciati e armati di fucili a pompa e revolver, mentre tentavano di irrompere nella sede della Banca Popolare di Lecce.
Sapeva benissimo, Angelo, che sarebbe potuto andare incontro alla morte, infatti quelli erano anni bui per Ceglie Messapica: circolava tanta droga e poi le rapine, spesso con sparatorie, erano purtroppo frequenti: poco meno di un anno prima, era stato ferito il comandante di quella Stazione, il maresciallo Vincenzo Gallo, che era riuscito a sventare l’ennesima rapina in banca e a ferire e arrestare uno dei quattro rapinatori, nel corso di un violento conflitto a fuoco.
Angelo sapeva tutto questo ma non ha esitato a indossare il giubbetto antiproiettile, imbracciare una mitraglietta e seguire il brigadiere Raffaele Iacuzio e il collega Oronzo Spagnolo. Giunti sul posto, i carabinieri vengono sin da subito fatti segno di una violenta azione di fuoco da parte dei malviventi che facevano “da palo” a quello che stava tentando di sfondare il vetro blindato della banca con una pesante mazza di ferro.
Nella circostanza, il carabiniere Spagnolo, nello spostarsi per meglio sostenere l’azione di fuoco del brigadiere Iacuzio, cade a terra colpito alle gambe.
A questo punto, Angelo, resosi conto che i rapinatori continuavano cinicamente a sparare in direzione del commilitone ferito, senza un attimo di esitazione, pur conscio del gravissimo rischio cui egli stesso era costretto a esporsi, esce di corsa allo scoperto, attirandosi il fuoco dei malviventi, contrastandoli con ripetute raffiche di mitra, consentendo così al carabiniere Spagnolo di trascinarsi al riparo.
Poi però, colpito selvaggiamente alla testa da una scarica di pallettoni, stramazza al suolo, pur non rinunciando a un estremo tentativo di reazione armata. Reazione che ha il brigadiere Iacuzio, il quale, nonostante avesse già esaurito il munizionamento, attraversa precipitosamente la strada per sottrarre Angelo alla furia dei malviventi che, da diverse direzioni, continuavano a sparare.
Raggiuntolo e resosi conto della gravità delle sue condizioni, sfilatagli la pistola mitragliatrice, il brigadiere Iacuzio ingaggia una nuova azione di fuoco contro i malviventi, attingendo il lunotto e la portiera anteriore sinistra della loro autovettura, facendoli prima indietreggiare e poi fuggire codardamente.