“La Morte appesa a un filo”: le riflessioni di Gino Capone tra Oria, mummie, film, Covid e speranza

di Gino Capone*

Gino Capone

Normalmente, quando è in ballo la morte, la Vita è appesa a un filo, ma a me piace giocare con le parole e allora, per questo racconto in particolare, ho scelto un titolo che ribalta il concetto, ma è appropriato e ha un suo perché. Anzi, due. Uno privato, ma molto singolare, e uno che ci riguarda tutti. Quello privato è che la morte appesa a un filo mi riconduce a Oria, oggi mio paese natale, ma in tempi antichi Capoluogo dei Messapi, popolo di origine cretese che, dopo averci fondato, si estese sino a popolare gran parte dell’attuale Salento. (per approfondire vedi QR code sottostante).

Qui, sotto la Cattedrale, divenuta Basilica nel ’92 per volontà di Papa Wojtyla,  c’è una cripta molto suggestiva e unica nel suo genere.

E’ un ipogeo del XVI secolo dove, in apposite nicchie, sono custoditi  i corpi, mummificati post mortem, di alcuni comuni cittadini oritani, valorosi reduci dalla feroce battaglia  contro i turchi svoltasi a Otranto dal 1480 al 1481. A reggere queste mummie è un filo legato a un chiodo conficcato nella parete della nicchia. Da qui “La Morte appesa a un filo”. (per approfondire vedi QR code sottostante)

Detto questo, veniamo alla circostanza che mi riguarda e che mi ha visto coprotagonista inconsapevole; quando ero ancora nella pancia della mia cara mamma e ho rischiato di non venirne fuori, da vivo.

Sul finire del secondo conflitto mondiale, chi andava in visita alla cripta era tenuto a lasciare un’offerta.

E’ probabile che sia ancora così, ma credo che oggi basti pagare un eventuale biglietto d’ingresso a un addetto.

All’epoca, invece, non si sa se un parroco o un sacrestano, ebbe la brillante idea di affidare questo compito a uno dei defunti mummificati.

E lo fece con una trovata diabolica che ha dell’incredibile.

Piazzò la mummia all’ingresso, sorretta da un piedistallo, e  la collegò ad un marchingegno situato sotto il primo gradino della cripta. E così, appena il visitatore di turno ci metteva sopra il piede, la mummia abbassava di colpo il braccio, come la sbarra del passaggio a livello, e lo ritirava solo quando il malcapitato metteva  l’obolo nella mano tesa. Onere che il visitatore si affrettava a onorare dopo essersi ripreso dallo spavento e, credo,  opo aver rivolto all’incolpevole mummia la nota imprecazione dialettale che in casi del genere si riserva proprio ai defunti e, a volte, anche ai loro antenati. Sembra un fatto inventato ma è assolutamente vero, parola di mia madre che ne è stata vittima e che, avendo in grembo il sottoscritto, temette di perdermi per lo spavento, per cui lo raccontava sempre.

A riportami alla mente l’episodio è stato un corto, girato nel lontano ’65, che mi è stato recapitato.

S’intitola Il Tramontana, è tratto dal racconto di una scrittrice di Melendugno, Lecce, Rina Durante, ed è diretto da Adriano Barbano. (vedi QR code sottostante)

E’ la storia della tormentata vocazione al sacerdozio di un ragazzino, figlio di contadini, chiamato Tramontana perché vivace come l’omonimo vento.

E’ ambientato nel suggestivo entroterra  leccese,  ma vi è anche una scena girata nella cripta delle mummie di Oria, dove però nel finale, per esigenze di copione, c’è stata una manipolazione curiosa.

Per convincere il novizio a non aver paura della morte, il frate superiore gli dice che la morte è… «la nostra sorella buona»  e, per dimostrarglielo, gli indica il volto di una delle mummie… «Osserva il suo volto – gli dice – vedi che sorride, sorride di un sorriso bellissimo». In realtà, il mummificato preso a esempio è un fornaio arso vivo nel rogo accidentale del suo forno, e la smorfia che il frate spaccia per un sorriso è una smorfia di dolore atroce.

La scelta narrativa è discutibile ma, come premesso, mi dà l’opportunità di fare una considerazione che  ci riguarda tutti da vicino.

A causa di questa pandemia che ci sta decimando, la morte è entrata nella nostra quotidianità e non è più un tabù, come sorprendentemente dice Monsignor Fisichella in un’intervista rilasciata al Messaggero.

Forse anche la Chiesa ha cominciato a ripensare La Signora delle Tenebre come evento naturale, più vicina al pensiero darwiniano che al catechismo, dove continua a essere raccontata come punizione per i nostri peccati.

La visione più laica, oltretutto, ci aiuta a eliminare qualsiasi equivoco, ove ci fosse, su ciò che ci sta accadendo.

Ci dice che Il Covid non è stato mandato dall’alto per punirci, come ironicamente ho ipotizzato nel mio racconto Fiat Voluntas Sua, pubblicato dalla Gazzetta del Mezzogiorno l’anno scorso, ma l’abbiamo autoprodotto perché siamo campioni nel farci del male da soli e poi, magari, attribuirne la colpa ad altri.

Di contro, ci dice anche che, oltre ad autoprodurre il virus, siamo anche in grado di produrre le armi giuste per debellarlo, ma a una condizione: che siano usate da tutti, nessuno escluso. Non saremo sicuri fino a quando non saranno tutti sicuri, ha detto acutamente il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel.

Solo se non daremo ascolto a chi, stupidamente ed egoisticamente, nega che sia così, la Morte avrà le ore contate, e sarà lei in questo caso ad essere appesa ad un filo,  non la nostra Vita.

Per approfondimenti su: Oria, La Cripta delle Mummie e il film completo, Il Tramontana, inquadrate col telefonino i QR code sottostanti”

Oria
Le Mummie
Il film

 *La biografia di Gino Capone

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