Droga e anche armi. Stando ai risultati delle indagini da parte dei carabinieri del Comando provinciale di Genova, questi “prodotti” viaggiavano da costa a costa attraverso l’Adriatico, in particolare dal Montenegro alla Puglia e all’Abruzzo. Droga, davvero tanta. Ciò, se si considera che nel corso dell’inchiesta i militari dell’Arma sono riusciti a recuperarne 7 tonnellate, tra hashish, marijuana e cocaina poi destinate anche al Nord Italia. Per questo motivo, stamane, alle prime luci dell’alba, 29 persone sono state raggiunte da un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Genova su richiesta della locale Procura. Tra esse, 15 cittadini italiani e 14 albanesi. Tra gli italiani, anche due brindisini: un fasanese, un cistranese e un francavillese. Dietro l’operazione dell’Arma, pare, anche l’ombra lunga della Sacra corona unita pugliese, che avrebbe protetto, favorito e incentivato i traffici illeciti. Fino a stamattina, quando sono entrati in azione i carabinieri genovesi, che si sono avvalsi del supporto dei colleghi presenti sul territorio e dei reparti speciali dei Cacciatori di Puglia e Cinofili.L’articolata attività investigativa, avviata nell’ottobre 2016 con il coordinamento della D.C.S.A., sotto la costante direzione della locale D.D.A.A., a seguito del recupero a Rapallo di 38 kg di marijuana occultati all’interno del bagagliaio di un’autovettura, effettuato nell’ambito di locali servizi di controllo del territorio, ha condotto all’individuazione di un più vasto e articolato traffico di sostanze stupefacenti di portata internazionale.
I successivi sviluppi investigativi, condotti con metodi tradizionali ed attività tecnica, hanno consentito progressivamente di individuare una ramificata organizzazione di origine albanese coinvolta sia nel traffico di “marijuana”, della quale curava direttamente la produzione nei territori di origine, sia nella commercializzazione di “cocaina”, reperita sul mercato romano grazie all’intermediazione di connazionali.
L’organizzazione albanese riusciva ad operare sul territorio nazionale avvalendosi della stretta collaborazione di esponenti della criminalità organizzata pugliese, in accordo con i quali venivano predisposte e organizzate le operazioni di ricezione dei carichi di marijuana, provenienti via mare dall’Albania e successivamente accolti in vari punti (definiti all’occorrenza), dislocati sulle coste Pugliesi e Abruzzesi, tra i comuni di Lesina (FG) e Fossacesia (CH).
Gli esponenti della Sacra corona unita, oltre a fornire delle basi logistiche per lo “sbarco” dello stupefacente, ne gestivano in proprio la quota ad essi riservata, quale corrispettivo del supporto fornito agli operatori “albanesi”. Tale quantitativo di stupefacente veniva successivamente inserito dall’organizzazione italiana nel proprio circuito di traffico e spaccio al dettaglio, arrivando a raggiungere anche altri paesi europei, tra i quali la Germania.
La rimanente parte dello stupefacente veniva, invece, presa in carico dagli operatori albanesi e convogliata sulla Capitale, ove l’organizzazione aveva allestito un deposito centrale, ubicato in zona Tiburtina, nel quale confluiva anche la cocaina approvvigionata sul mercato romano e altre tipologie di sostanze oggetto di spaccio. Dal citato “hub di stoccaggio” venivano quindi prelevati dei quantitativi di minore entità, successivamente veicolati in differenti punti della città attraverso l’impiego di autovetture intestate a prestanome, utilizzate come vere e propri “mini depositi itineranti”, con capacità di carico variabili dai 15 ai 40 kg.
Tale meccanismo, oltre a consentire una elevata mobilità del carico, avrebbe dovuto evitare – in caso di sequestro da parte delle forze dell’ordine – di risalire al deposito centrale, compromettendo in tal modo l’intera partita. E fu proprio in una di tali vetture, come accennato sopra, sequestrata a Rapallo nel 2016, che venne sequestrato il primo importante carico di stupefacente.
Gli esponenti di vertice della stessa organizzazione albanese avevano stabilito nella cittadina del Tigullio la propria base operativa, dalla quale gestivano, oltre alla famiglia, l’intero traffico di stupefacenti, in particolar modo di “marijuana”.
Mentre lo stupefacente destinato alla capitale veniva affidato ad una rete di spacciatori locali, gestita da nordafricani (in prevalenza di origine Nigeriana), le connesse attività di vendita e distribuzione al dettaglio nel territorio ligure venivano condotte in parte dagli stessi esponenti albanesi e in parte da criminalità locale all’uopo assoldata.
Oltre alla riviera ligure, le attività di traffico del gruppo albanese – condotte con il medesimo e collaudato modus operandi dei “mini” depositi mobili – si estendevano in altre città italiane, da Bologna a Firenze, fino a coinvolgere anche cittadine oltre confine, in Francia e in Germania.
Nel corso delle attività sono state effettuati ingenti sequestri di sostanze stupefacenti avvenuti soprattutto sulle coste Pugliesi, e in molti casi alcuni carichi, provenienti dall’Albania, sono stati intercettati al momento dello sbarco, operando in sinergia con le unità Aero-navali della G.d.F., attivate dal Comando Provinciale CC di Genova nell’ambito di un Protocollo di Intesa stipulato tra le due Forze di Polizia e volto a favorire la razionalizzazione dell’impiego dei servizi navali.
L’operazione, giunta al culmine con l’esecuzione di 29 Ordinanze di Custodia Cautelare, di cui
– 20 ordinanze in carcere, di cui 1 Mandato di Arresto Internazionale, nei confronti di un soggetto dimorante in Albania; tra i destinatari, 1 soggetto è già detenuto in carcere, a Brindisi, per altra causa, mentre 1 soggetto è a Sulmona, già in regime di arresti domiciliari;
– 9 obblighi di dimora, di cui uno a carico di 1 soggetto già agli arresti domiciliari, a Bari.
In particolare, sono stati sottoposti a sequestro (per un valore complessivo di circa 50 Milioni €):
– oltre 7 tonnellate di stupefacente (“marijuana”, “hashish” e cocaina);
– 3 litri di droga sintetica liquida del tipo “ayahuasca”, detta anche “droga dello sciamano”;
– 3 gommoni oceanici con motori da 500 cv, del valore complessivo di 200.000€;
– 1 pistola semiautomatica “imi jericho” cal. 9×19, completa di caricatore e 15 cartucce stesso calibro;
– 8.850 €, ritenuti provento di attività illecita;
– 9 veicoli fittiziamente intestati a prestanome.
L’operazione “Ottobre Rosso”, in sintesi, oltre ad aver inflitto un duro colpo all’intera organizzazione albanese, con lo smantellamento dell’intero vertice, ha messo in evidenza l’esistenza di consolidati ed efficienti rapporti di cooperazione tra sodalizi nazionali e stranieri coinvolti, a vario titolo, nel traffico internazionale di grosse partite di stupefacenti.
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