Per “Eduscopio” lo Scientifico è al top. Le riflessioni di un universitario: “Ma in Puglia messi male come diritto allo studio”


Di seguito la riflessione di uno studente universitario francavillese:Pochi giorni fa la Fondazione Agnelli ha pubblicato l’Eduscopio, il report annuale sulle scuole superiori italiane. Il fine di questa indagine è creare una vera e propria  graduatoria delle migliori scuole che ti formano o per l’entrata nel mondo accademico o in quello del lavorativo. Infatti, l’Eduscopio non prende in considerazione quella parte di studenti diplomati presso un istituto tecnico-professionale che scelgono di proseguire gli studi universitari.

Graduatoria che vede il Liceo scientifico di Francavilla primeggiare nel territorio brindisino e che dà certamente lustro tanto alla scuola tanto agli studenti e che ricompensa gli sforzi fatti in questi anni, specialmente in quest’ultimo periodo.

Ma la riflessione che voglio fare è sulla valutazione delle scuole che è basata esclusivamente su alcuni parametri quali: la velocità degli studi universitari, il profitto universitario, e l’occupazione dei diplomati solo per gli istituti tecnico-professionali (anche se per tali istituti il portale non fornisce analisi motivando la scelta con un numero insufficiente di iscritti all’Università, ndr).

Accedendo al portale e alla sezione dedicata alle classifiche delle scuole si nota subito che il primo dato presentato è la media del voto della maturità. Un dato che dovrebbe essere poco rilevante.

E’ giusto presentare una scuola per la media dei voti conseguiti all’esame di maturità? Perché scegliere di valutare una scuola basandosi sulla velocità e sul profitto degli studi universitari? Perché valutare uno studente con un semplice voto dopo anni?

Alla prima domanda la risposta è davvero semplice: no. La motivazione della risposta è invece contorta. Infatti, i criteri di valutazione degli studenti sono stabiliti dai singoli regolamenti d’istituto che si basano sulle linee generali del Ministero dell’Istruzione (MIUR). Inoltre, con questo primo dato si svalorizza notevolmente la preparazione dei docenti che dovrebbe essere uno dei criteri cardine dell’Eduscopio. In aggiunta, ad influire sulla valutazione degli studenti si aggiunge anche il D.D.L. 107/2015, ovvero la “Buona Scuola”. Secondo il quale, l’istituzione del comitato di valutazione dei docenti, seguendo le linee generali del MIUR, prende in considerazione anche il “successo formativo e scolastico degli studenti”. Un cane che si morde la coda. Quindi la classifica delle migliori scuole presenta, in primis, il voto medio conseguito alla maturità (che non rientra nei parametri di attribuzione dei punti FGA assegnati alle scuole, elencati e spiegati sul sito di Eduscopio) che determina anche la valutazione degli insegnanti, che sono gli stessi a impartire la votazione ai loro stessi studenti.

La seconda domanda necessita di un ragionamento più ampio: la fondazione Agnelli basa le sue ricerche sul futuro mondo del lavoro. Sul sito dell’Eduscopio si rende noto che i datori di lavoro prendono maggiormente in considerazione i laureati che hanno conseguito il titolo in tempo non con il massimo dei voti. Dunque l’Eduscopio non è solo una classifica delle scuole, ma è anche uno strumento che si basa prettamente sul mondo lavorativo, sminuendo notevolmente il ruolo centrale dei luoghi della conoscenza che dovrebbero essere finalizzati all’istruzione, alla ricerca e, solo alla fine, al mondo delle competenze lavorative.

Infine, l’Eduscopio utilizzando la valutazione, fa sorgere un’altra domanda: a cosa serve la valutazione nell’attuale didattica italiana? Assolutamente a nulla. Per cominciare, l’attuale modello valutativo non si basa sul significato epistemologico di “valutazione”, ovvero un sistema di valori con cui si cerca di instaurare un rapporto professore-alunno facendo critica ed autocritica del lavoro svolto da entrambi. Bensì, si tratta di un giudizio numerico autoritario, classista ed inconcludente se non è correlato di un vero e proprio commento. Autoritario perché il voto è uno strumento punitivo e a cui lo studente non può controbattere; classista perché evidenzia come solo quelli considerati “meritevoli” hanno diritto ad una carriera scolastica eccellente, sostenuta anche con borse di studio di merito. Infine, inconcludente in quanto non dà nessuna spinta propulsiva allo studente per migliorarsi, ma anzi lo ingabbia in un numero matematico da 1 a 10.

Per questo, la valutazione va sostituita da una critica narrativa e costruttiva che metta al centro dell’attenzione lo studente, con le sue contraddizioni e le sue complessità. Vi è bisogno di elaborare una proposta pragmatica sulle scuole e le università del futuro, dove queste ultime che dovrebbero rappresentare il perno essenziale dalla specializzazione del soggetto in vista dell’entrata nel mondo del lavoro, in realtà si sono trasformate in un luogo acritico dove vige il pensiero dominante e le logiche di mercato.

Non a caso nel difficile momento che stiamo vivendo e che ha posto il nostro vivere quotidiano in una condizione di incertezza anche il diritto allo studio universitario sta vivendo una grande crisi dovuta alla mancanza di finanziamenti strutturali per borse di studio, poca attratività dei nostri atenei per i ricercatori, pochi corsi di laurea nelle sedi distaccate più vicine a noi (Brindisi), tirocini, alloggi abitativi, servizi per la comunità studentesca oltre al sotto finanziamento e i tagli all’offerta pubblica decretati dalla riforma Gelmini che ancora ad oggi sentiamo i suoi effetti.

I futuri luoghi del sapere dovranno essere la chiave di volta per liberare i saperi dalla mercificazione e puntare ad una società che abbia come obiettivi cardini: la conoscenza, lo sviluppo economico e sociale, e indubbiamente, anche l’ambiente.

La critica mossa nei confronti del sistema valutativo italiano non è infondata. Nel sistema d’istruzione finlandese, uno trai più considerati al mondo secondo OCSE, la valutazione dello studente è modulata sulla preparazione di partenza e su quello che può dare per la sua formazione, quindi lo studente che fallisce non è quello che non raggiunge la sufficienza, ma è colui che non si impegna per dare il massimo. Il modello scolastico finlandese può sembrare sovversivo: niente compiti, valutazione basata sullo sviluppo del futuro cittadino, distruzione del tradizionale gruppo classe, e niente scuole private o paritarie.

Proprio da qui bisogna prendere esempio e si dovrebbe smettere di valutare le scuole sui risultati degli studenti, al contrario si dovrebbe fare in modo che non esistano scuole di prima fascia e di seconda fascia poiché questo conduce ad una guerra tra istituti scolastici per riuscire ad ottenere quei pochi finanziamenti che il sistema riserva alle “scuole d’eccellenza”.

Spero che possiate leggere questo articolo con un distacco dal tradizionalismo scolastico per capire al meglio il progresso che sta avvenendo nel mondo dell’istruzione.

Antonio De Simone, studente universitario 

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