Lo si evince chiaramente dalla lettura dell’art. 3, comma I, del DL n. 138/2011 (convertito con modificazioni in L. n. 148/2011) il quale impone ai Comuni di conformare il proprio ordinamento “al principio secondo cui l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge nei soli casi di: a) vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; b) contrasto con i principi fondamentali della Costituzione; c) danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana e contrasto con l’utilità sociale; d) disposizioni indispensabili per la protezione della salute umana, la conservazione delle specie animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale; e) disposizioni relative alle attività di raccolta di giochi pubblici ovvero checomunque comportano effetti sulla finanza pubblica”.
Si tratta di princìpi ribaditi in una recente sentenza del TAR Lombardia, che segnalo a tutti coloro che fossero interessati ad un approfondimento (https://www.giurdanella.it/…/TAR-Lombardia-%e2%80%94-Bresci…).
Questo chiaramente non esclude che le associazioni di categoria possano farsi promotrici di una intesa tra gli esercenti.
Non è possibile però chiedere al Comune di disporre una limitazione degli orari di apertura delle attività commerciali senza che ricorrano i presupposti previsti dalla Legge”.
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