Una storia di quotidiana assistenza sanitaria che non conosce sosta, perché il trapianto di organi è un evento quasi sempre imprevedibile.Una storia raccontata da Pietro Gatti, direttore del reparto di Medicina interna dell’ospedale Perrino di Brindisi, e da Maria Rendina, specialista in gastroenterologia, referente dell’Ambulatorio trapianti fegato del Policlinico di Bari.
“Circa un anno fa – spiega Gatti – nel reparto di Medicina Interna è stata ricoverata una donna proveniente dal Pronto soccorso con grave cirrosi scompensata. Da tale epoca si è proceduto con un lavoro di preparazione a un eventuale trapianto di fegato valutando le caratteristiche della paziente e le possibili risposte terapeutiche alternative. Dopo quasi sei mesi si è pertanto avviato un percorso condiviso con il Centro trapianti di fegato dell’Università di Bari che ha portato, circa due mesi fa, in piena emergenza Covid, all’entrata in lista trapianti della paziente. Purtroppo, negli ultimi due mesi si è assistito a un tragico peggioramento della funzionalità epatica residua che ha condotto a due accessi in urgenza negli ambulatori della Medicina interna del Perrino, il secondo ai primi di maggio. Durante questo accesso e l’ennesima paracentesi evacuativa, in comune accordo e in collaborazione con il Centro trapianti di Bari, si è proceduto all’immediato ricovero nel Policlinico di Bari con avvio, da parte dei colleghi, delle procedure per un trapianto di fegato effettuato egregiamente dall’équipe del professor Luigi Lupo in regime di urgenza. Sono passati quasi dieci giorni dall’intervento e le condizioni cliniche della paziente appaiono in netto miglioramento. Il tutto è stato possibile grazie alla collaborazione che esiste tra il Centro trapianti di fegato dell’Università di Bari e la nostra Medicina interna, che è un centro di riferimento per le malattie di fegato e le cirrosi avanzate come certificato dall’appartenenza al consorzio europeo Ef-Clif, la Fondazione per lo studio delle insufficienze epatiche croniche”.
“Il Centro trapianti del Policlinico – aggiunge la dottoressa Maria Rendina – segue i pazienti con insufficienza di organo, li cura e accompagna fino al giorno dell’intervento e nella delicata fase successiva al trapianto. L’attesa tende sempre più a diminuire, grazie alla sensibilità alla donazione da parte della popolazione. Il percorso di cura è lungo, articolato, psicologicamente molto delicato e coinvolge diverse figure professionali, dalle équipe dei chirurghi, ai gastroenterologi fino agli anestesisti. E tutto questo è proseguito anche in piena epidemia Covid: questo sistema ha mantenuto non solo la erogazione delle prestazioni urgenti consentite, ma ha anche cercato di assistere i pazienti con il continuo scambio di mail, i contatti telefonici e la stretta collaborazione con le associazioni dei pazienti trapiantati. Ma questa è anche una storia – conclude – che racconta di una efficace comunicazione e collaborazione della Rete trapiantologica: fare squadra, per il mondo del trapianto, non è un mero valore aggiunto, ma l’unica ricetta possibile”.
UFFICIO STAMPA ASL BR
googletag.defineSlot('/21823520959/lostrillonenews-correlati', [[1, 1], [500, 450]], 'div-gpt-ad-1498835142353-0').addService(googletag.pubads()).setTargeting();
googletag.pubads().enableSyncRendering();googletag.enableServices();googletag.display('div-gpt-ad-1498835142353-0');