I senatori di Forza Italia Annamaria Bernini, Lucio Malan e Luigi Vitali hanno firmato un’interpellanza urgente, indirizzata al ministro della Giustizia, per sapere se il titolare del dicastero non intenda “assumere iniziative volte ad omogenizzare su tutto il territorio nazionale la disciplina concernente l’organizzazione giudiziaria in vista di una ripartenza che rispetti tutti i protocolli di sicurezza ma che sia celere e certa, per non pregiudicare da un lato i diritti dei cittadini, dall’altro le prerogative professionali degli avvocati”.
In premessa, gli inquilini di Palazzo Madama hanno citato le normative in materia di contenimento della diffusione del virus anche per quanto concerne l’amministrazione della giustizia in ambito civile, penale, tributario e militare:
“(…) in particolare, è stato stabilito che, per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 30 giugno 2020 i capi degli uffici giudiziari, sentiti l’autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati, adottano le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d’intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente;
tale disciplina è stata prorogata fino al 31 luglio p.v. dall’articolo 3 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 – recante misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta COVID-19 -;
con Circolare 2 maggio 2020 – avente ad oggetto “prevenzione della diffusione del contagio da coronavirus e prime direttive per l’avvio della c.d. “fase 2” – il Dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria del personale e dei Servizi ha fornito alcune indicazioni finalizzate a supportare l’avvio della “fase 2” dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 negli uffici giudiziari;
di conseguenza, alla luce delle disposizioni di cui al decreto legge n.28, dal 12 maggio 2020 al 31 luglio 2020 è individuato un lasso temporale di graduale ripresa dell’attività degli uffici giudiziari, durante il quale i Capi degli Uffici medesimi dovranno adottare le misure organizzative nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie indicate dal Governo;
come specificato nella citata circolare, l’articolo 83 del decreto-legge n.18 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n.27 del 2020, dispone che “l’attività giurisdizionale in ripresa dal 12 maggio p.v. al 31 luglio, si basi sulle linee guida demandate ai Capi degli uffici, sulla base di verifiche e di intese con l’autorità sanitaria locale competente e le istituzioni locali, in primis i consigli dell’ordine degli avvocati”;
non sfugge come l’incremento di differenti indicazioni nelle sedi regionali, talvolta più restrittive rispetto a quelle nazionali, anche sulla base della diversificazione territoriale del contagio che impone ancora particolari misure organizzative volte al contenimento dell’afflusso delle persone e precauzioni igienico-sanitarie, stia alimentando un’eccessiva eterogeneità nella ripresa dell’attività sul territorio nazionale che disorienta e di fatto la paralizza;
è indiscutibile il diritto dei funzionari e impiegati di lavorare in sicurezza, con accessi limitati di pubblico ed è altrettanto indiscutibile che le cancellerie prive di personale impediscono non tanto la normale ripresa dell’attività, ma qualsiasi tipo di attività: verifica, controlli, depositi, etc;
è noto che la gran parte delle esperienze del lavoro da remoto dei cancellieri comporti la impossibilità di accedere ai fascicoli di ufficio, considerato che lo smart working giudiziario consente solo attività residuali, non essendo possibile il collegamento da postazioni esterne ai fascicoli, ai registri e al sistema delle comunicazioni tramite pec, come peraltro denunciato anche dalla Unione delle Camere Penali”.
Infine, dunque il quesito-proposta di cui sopra.
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