Si pubblica qui di seguito una riflessione di Angelo Camassa (associazione Nova Era) a seguito di una lunga passeggiata da lui fatta per le vie di Francavilla Fontana:
Un’indagine di rilevazione fatta sul campo ha dimostrato che soprattutto in città sotto i 50mila abitanti (com’è ad esempio Francavilla) almeno il 35% degli spostamenti fatti con l’auto in città, sono sotto i 1500 metri per tratta. Sono un’enormità di auto riversate in strada con impatto sull’ambiente, la salute e soprattutto sul sovraccarico di flusso veicolare. Basterebbe che che ognuno di noi che vive in città e deve raggiungere punti d’interesse in un raggio di 1500/2000 metri utilizzasse i piedi per muoversi. Ne gioverebbe la propria salute nonché l’ambiente e tutto sistema urbano della comunità. Personalmente ho fatto questa esperienza.
La sostenibilità ambientale e salutistica del muoversi in città è un tema che non riguarda il comportamento di altri ma di noi stessi. È dal nostro muoverci quotidiano in città che tutto parte. Se per fare pochi metri usiamo l’auto (soprattutto se non è strettamente necessaria) invece dei piedi vuol dire che non ci vogliamo bene, né a noi stessi e neanche a quelli a cui diciamo di voler bene.
Ritengo che a Francavilla le distanze intra-urbane tra la propria abitazione e i principali punti di interesse che dobbiamo o vogliamo raggiungere siano affrontabili a piedi. A piedi poiché è il mezzo più sostenibile che ci sia oltre al fatto che camminare fa bene alla salute come molti medici addirittura prescrivono per i propri pazienti. Andare a piedi, inoltre, non comporta che si debbano stravolgere gli assetti stradali con corsie preferenziali, che spesso sono un problema invece di risolvere il problema.
I marciapiedi già ci sono, certo in molti casi vanno solo sistemati. Del resto chi vorrebbe usare i veicoli anche a trazione umana (esempio le bici) può usare le normali strade come qualsiasi altro veicolo, nel rispetto di quanto prevede il Codice della Strada. Anche perché se si svuotano le strade dalle auto (sopratutto di quelle a combustione), perché in molti preferiscono andare a piedi, il sistema urbano raggiunge autonomamente il suo giusto punto di equilibrio.
Senza quindi fare forzature come chiudere strade o corsi (magari nei giorni in cui non serve come quelli festivi quando è notorio che c’è meno traffico), per far passeggiare i pedoni che in molti casi non ci sono poiché non basta, appunto, mettere due transenne per fare la mobilità sostenibile.
Bisogna incentivare e sensibilizzare chi va a piedi in città. In una città come Francavilla che non ha distanze esorbitanti da dover percorre per raggiunger i maggiori punti di interesse socioeconomici e persino amministrativi.
Siccome la teoria va sperimenta in pratica, il 4 novembre scorso ho voluto personalmente verificare se il quartiere San Lorenzo, da molti considerato con un forte disagio per via della sua particolare collocazione periferica (troppo lontano dal centro città) fosse davvero così lontano.
Sono partito alle 8.50 da piazza Calamandrei (inizio pista ciclabile) e sono arrivato al Comune di Francavilla in 20 minuti percorrendo appena 1700 metri vale a dire circa 3300 passi (appena 1/3 di quelli che dovrei fare giornalmente per tenermi in forma).
Ho apprezzato la riqualificazione urbana di viale Abbadessa fatta a partire dal 2012. Per un 50 metri (davanti alla chiesa e alla scuola) ho avuto la sensazione di essere in uno dei quei viali prestigiosi di una grande città metropolitana. Un’ampia strada con spartitraffico alberato centrale. Palazzoni su un lato e ampi spazi dall’altro, dove giustamente sono stati ubicati i vari servizi quali la chiesa, la scuola e un’area verde attrezzata. Una pista ciclabile nettamente separata dalla strada, con doppia corsia (per chi va e chi viene) cosi come le norme tecniche prevedono.
Purtroppo dopo questi 50 metri ho dovuto prendere atto di trovarmi in una qualsiasi strada di Francavilla. Era sparito lo spartitraffico alberato, la pista ciclabile si confondeva con la carreggiata stradale. Anche perché era rimasto solo un vago ricordo della linee di delimitazione tracciate un tempo che fu.
Continuando il cammino ti imbatti nelle solite buste di rifiuti abbandonati, nelle isole ecologiche non funzionanti. Gli spazi comuni si restringono, case su case si addossano l’una all’altra. Siamo su via San Lorenzo. Una nota positiva è che puoi vedere il cupolone della chiesa Madre, che ti fa da riferimento mentre cammini.
Certo, via San Lorenzo è nata e si è sviluppata negli anni come area residenziale, pur tuttavia negli ultimi anni è nato un certo distretto commerciale. Numerose sono le attività commerciali (anche di media dimensione sopra i 250mq) ubicate in questa via. Via che appunto per effetto dello sviluppo del quartiere San Lorenzo è diventata a forte impatto di mobilità cittadina. Si sa, dove c’è la mobilità, c’è la visibilità, dove c’è la visibilità, c’è il commercio. È un paradigma indissolubile. Indissolubile per tutti tranne per chi si inventa una pista ciclabile sulla carreggiata delimitata da due semplici linee, una gialla e una bianca.
Questa presenza si materializza così all’improvviso (e finisce in altrettanto modo), non quando ha inizio via San Lorenzo né in continuata con la vecchia pista ciclabile del quartiere San Lorenzo. Questa improvvisazione pone seri problemi d’interferenza sia con i residenti (es. minori stalli per il parcheggio), sia con le attività commerciali presenti, che paradossalmente sono quasi tutte ubicate sul lato della strada su cui è stata tracciata la pista.
Questa tracciatura non tiene in opportuna considerazione che invade il normale deflusso del traffico veicolare dato che determina risicate distanze di sicurezza tra i veicoli parcheggiati e i veicoli circolanti compreso le eventuali biciclette. Inoltre, mi chiedo: se si incontrano due ciclisti che marciano in senso opposto, dato che la pista è limitata ad una sola corsia, che fanno? Per caso eseguono il tipico rituale dei nostri pappamusci quando si incontrano per scambiarsi il passaggio verso il sepolcro?
È evidente che questa pista ciclabile sperimentale di via San Lorenzo è un obbrobrio tecnico ed urbanistico che certamente non serve alla mobilità sostenibile cittadina. Del resto appare scarsamente utilizzata dato che in quasi 15 minuti di percorrenza a piedi di via San Lorenzo ho visto passare un solo ciclista. Ciclista che peraltro nello svoltare su via San Vito ha mantenuto la destra, contravvenendo al Codice della strada che dispone che, nel caso di presenza di pista ciclabile i ciclisti debbano restare nella pista riservata . Pertanto avrebbe dovuto attraversare a raso (con il rischio di essere rasato) per portarsi sulla parte sinistra di via San Vito. Via in cui d’improvviso così come cominciata, finisce la fantastica pista ciclabile.
Giunto davanti al Comune ho potuto ammirare il fantastico loggione baracco. Loggione che forse meriterebbe di dominare piazza Marconi (ufficio postale) invece di essere oscurato da alberi di quercia che peraltro disconnettono pericolosamente il marciapiede per i pedoni. Alberi autoctoni, che potrebbero trovare posto proprio in quella piazza dove invece ci sono dei morenti alberi di pini.
Visto che c’ero ho fatto anche una capatina nella chiesa madre e al Monumento dei Caduti. Il tutto, rigorosamente a piedi.
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