“Se sua figlia cammina, paga come tutti gli altri”. Ma la figlia in questione è una bimba di cinque anni con disturbo autistico. La storia che riportiamo si è verificata ieri mattina, sabato 3 luglio, poco prima delle 10, quando una donna – mamma di due gemelli, un maschietto e una femminuccia – ha composto il numero telefonico di un noto parco divertimenti del Brindisino per chiedere quali fossero i costi e se fossero previste agevolazioni, come avviene un po’ ovunque, per la sua bambina: un ingresso gratuito, un’assistenza particolare, cose così. Cose normali.
La risposta è stata tranchant: “Se sua figlia deambula, consideri il costo del biglietto intero per lei e suo marito, più il costo bambino per i suoi due figli”.
“Non mi sarei mai aspettata una risposta del genere – racconta la donna, residente a Francavilla Fontana – perché con la mia famiglia siamo stati in posti ben più attrezzati rispetto a quello in questione e in ognuno di essi, a causa del problema di salute (certificato) che affligge nostra figlia, ci hanno assicurato un trattamento di favore, con ingressi gratuiti, ingressi ridotti, niente fila, ecc., ma non per qualcosa, soltanto per consentire che anche le famiglie con disabili a carico possano divertirsi appieno come le altre. Non siamo, fortunatamente, in difficoltà economiche e ai miei figli non manca nulla, infatti la mia è più una questione di principio, direi di civiltà, non di denaro. Qualche euro in più o in meno non ci cambia la vita. Se a Gardaland, a Mirabilandia, a Disneyland a Eurodisney e in altri luoghi più evoluti, adottano politiche per incentivare la frequentazione dei disabili, evidentemente dalle nostre parti non è così. Cioè, lo dico sinceramente: mi sono sentita umiliata per il solo fatto di avere una figlia autistica, quasi volessi scroccare qualcosa a tutti i costi…”.
“Per il gemellino non ci sono problemi, sappiamo che paga normalmente ed è giusto così – prosegue la genitrice – ma credo che mia figlia vada accettata, agevolata e trattata coi guanti proprio come ogni giorno facciamo noi, che a nostra volta non meriteremmo di essere trattati a pesci in faccia, quasi che una figlia disabile fosse un disonore. Eh no, per noi Pia è un motivo d’orgoglio!”.
“La chiamata al numero di quel parco divertimenti mi ha turbata e rovinato la giornata – conclude la signora – tanto che poi ci siamo diretti altrove, dove siamo stati trattati come si trattano le persone nelle nostre condizioni. Combattiamo ogni giorno, io e mio marito con la malattia e i pregiudizi della gente. Lo facciamo con fierezza. Poi però casi come questo ti riportano alla realtà: l’umanità è merce sempre più rara, dalle nostre parti forse ancora di più. Avrei compreso se ci fossero state strutture e trattamenti specifici per le persone disabili, ma neanche quello… Che dire? Sono sconsolata e indignata. So che molti potrebbero non comprendere, ma vi assicuro che al nostro posto ve la sareste presa anche voi…”