Sarebbero stati loro ad aver rubato, nella serata dello scorso 2 giugno, l’Alfa Romeo Giulietta della sindaca di Oria Maria Lucia Carone, che l’aveva parcheggiata in via Filippo Patisso, non lontano dalla chiesa di San Francesco d’Assisi, dov’era andata per partecipare a una messa. I carabinieri della Stazione di Oria, a conclusione di un’indagine lampo durata soltanto due mesi, hanno eseguito ieri un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari – emessa dal gip del Tribunale di Brindisi Tea Verderosa su richiesta del pubblico ministero Luca Miceli, che avrebbe preferito il carcere – nei confronti del 24enne Attilio De Michele e del 46enne, il primo oritano, il secondo residente a Brindisi, entrambi già noti alle forze di polizia.
Di fondamentale ausilio alle investigazioni si sono rivelate due telecamere private di sorveglianza i cui filmati sono stati tempestivamente acquisiti dai militari dell’Arma di Oria – guidati dal luogotenente Roberto Borrello – grazie ai quali è stato possibile assistere: all’arrivo sul posto dei due; al furto del veicolo; alla fuga.
In particolare, dalle ricostruzioni degli investigatori è emerso come De Michele e Allegretti, giunti a bordo di un’Alfa Romeo Mito intestata a una parente stretta di Allegretti, condotta da quest’ultimo e parcheggiata a 30-40 metri dall’auto della sindaca, siano riusciti in pochissimi minuti (dalle 21,01 alle 21,03) a forzare la Giulietta della sindaca e a montare insieme sulla stessa.
Dopo, però, la Giulietta è scomparsa dalla visuale degli occhi elettronici, mentre Allegretti (non erano ancora le 21,05) si è rimesso al volante della Mito della sua congiunta.
I carabinieri hanno riconosciuto – “con assoluta certezza” – per primo De Michele, che peraltro nella circostanza indossava un giubbino con una vistosa scritta sul retro, per via delle sue caratteristiche fisiche; poi è stato identificato anche Allegretti.
L’elemento del giubbino non è da trascurare: infatti, diversi giorni dopo il furto, i militari dell’Arma hanno deciso di effettuare una “normale” perquisizione a casa di De Michele, dove in un armadio della sua camera da letto – condivisa col fratello – hanno trovato il giubbino con quella vistosa scritta a loro già familiare, risultato essere nella disponibilità esclusiva di uno dei due germani: Attilio.
Al riconoscimento di Allegretti e alla sua associazione a De Michele si è giunti per vie più tortuose. Primo: quella Mito intestata a una sua parente. Secondo: il controllo dei due insieme, nel corso di posti di blocco e a bordo di quella Mito, il 26 e 27 maggio, il 5 e il 6 giugno. In più, sono stati tenuti in considerazione anche i social network, con De Michele e Allegretti immortalati in compagnia l’uno dell’altro, quattro giorni prima del furto in un post con foto senza restrizioni e quindi visibili pubblicamente. E proprio da quella foto sui social è stato possibile comparare il taglio di capelli portato da De Michele con quello di uno dei due ladri dell’auto della sindaca.
Di qui la “granitica piattaforma indiziaria” i gravi, precisi e concordanti elementi di colpevolezza posti a fondamento dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita a carico di De Michele e Allegretti, per il quali il giudice delle indagini preliminari – a differenza del pubblico ministero – ha ritenuto sufficiente la misura dei domiciliari con obbligo di non allontanamento non autorizzato dal luogo di custodia e “divieto di comunicare, anche a mezzo internet, con persone diverse da quelle che abitualmente convivano o li assistano”.