I preziosi segreti della tradizione contadina, le pagine di storia della vita francavillese, i ricordi delle stradine del centro storico, le memorie antiche dei riti della Settimana Santa. Uno scrigno di tesori che abbiamo potuto esplorare, nella ricerca per i nostri pezzi, grazie alla memoria di Giuseppe Solazzo.
Non avrebbe sicuramente voluto che si scrivesse un pezzo su di lui, perché, pur essendo un vero patrimonio vivente, egli rimaneva “l’umiltà fatta persona”, come lo ha definito ieri qualcuno, recandosi a salutarlo per l’ultima volta.
Per tutti lui era sempre stato “Mestru Peppu” o, semplicemente, Pinuccio.
Un nome modesto e riservato come è stato lui, che, silenziosamente, ha costruito pezzi di storia e tradizione del suo paese. Abituato fin da bambino a lavorare il legno, falegname come suo padre, mestru Michele, artista come sua madre, la sarta Pompea Leone.
Una vita di sacrifici, con le mani piene di calli e screpolature, ché, chi lavora il legno lo sa, quello è un materiale spigoloso con cui devi imparare ad avere a che fare. Giorno e notte senza sosta in quella bottega che è diventata casa sua, ad esercitarsi con seghe, martelli, vernici, fino a capirne i segreti, fino a trasformare il lavoro in passione, il risultato in opera d’arte.
Le sue mani sono diventate il cuore pulsante di una sapienza antica, di una tradizione lunga secoli e da lui gelosamente custodita, messa al servizio della comunità.
Pinuccio non era solo un falegname, era il costruttore della memoria francavillese.
Così, spinto da una forte spiritualità e dalla fede, appartenente, come suo padre, alla Reale Arciconfraternita dell’Orazione e Morte, aveva realizzato i supporti lignei per le statue della processione dei Misteri; aveva, soprattutto, costruito tante trenule: era lui il maestro, perché custodiva la formula per realizzarle “come si devono”. Sue le mani che hanno forgiato leggii, suppellettili, crocifissi, altari di ogni genere per le chiese del paese e per molte altre del circondario. Un impegno religioso, storico e culturale: solo lo scorso 24 dicembre in piazza Dante era stato esposto uno dei suoi presepi, piccolo diamante di una lunga serie di gioielli che sempre si è impegnato a realizzare, esporre e donare alla sua città.
Fervente animatore della vita culturale, aveva realizzato mostre ed eventi, diffondendo senza sosta i suoi valori, fede e tradizione, che amava raccontare a tutti quelli che desideravano avvicinarlo.
Aveva incoraggiato e dato vita ad un’intera generazione di presepisti, facendoli innamorare dell’arte della cartapesta e insegnando loro l’essenza della creazione artigianale. Premiato e menzionato in più e più occasioni, locali e nazionali, non sapeva mai parlare di sé, ma solo di ciò che poteva fare per gli altri.
Lo si poteva trovare ancora lì, in quella bottega di via Benanduci, vicino all’angolo di Corso Umberto: ancora lì a lavorare, costruire, inventare doni per la sua città, ancora lì a sognare progetti per la sua gente. La luce fioca, la polvere degli anni trascorsi dedicati alla falegnameria, sempre col sorriso (c’è chi giura di non averlo mai visto senza), sempre pronto a scambiare due chiacchiere con chi passasse a trovarlo, a consigliare chi andasse a cercarlo, a sostenere chi andasse a chiederglielo.
Si è spento ieri mattina alle 9, nella casa di via Marrucci che era stato il teatro della sua gioia più grande: la famiglia. Perché Pinuccio, come tutti i grandi che la storia ci ha consegnato, è stato un uomo esemplare anche all’interno delle mura domestiche. La cultura produce sempre ricchezze, e infatti la sua è una famiglia contraddistinta dalla generosità e dall’accoglienza verso il prossimo. È per questo che, come da sue volontà, non ci saranno fiori al suo funerale, ma solo opere di bene. Questa mattina alle 10 il feretro è stato portato nella Chiesa della Morte, dove è prevista la funzione alle ore 15.30.
Si è spento l’uomo ma non quella luce che lo accompagnava. Quella rimarrà accesa ancora, in quella bottega di via Benanduci, e continuerà a rischiarare le strade del centro storico tutte le volte in cui sarà Natale, e brilleranno le tradizioni di una volta, o quando sarà Settimana Santa, e tutti i francavillesi, di nuovo, si sentiranno parte di un’unica, grande storia.
Ciao, mestru.
Ilaria Altavilla