Magrì Arreda, avviso di conclusione delle indagini per sette: le accuse nel dettaglio


Sono ufficialmente concluse le indagini preliminari – delegate dalla Procura di Brindisi alla guardi di finanza – a carico dell’imprenditore Vincenzo Magrì (66 anni), di sua moglie Maria Lucia Scatigna (46), dei sindacalisti conciliatori Giacomo Gallone (34, peraltro consigliere comunale di minoranza a Francavilla Fontana) e Cosimo Di Maria (39), e delle altre tre persone a vario titolo coinvolte: Luciana Piroscia (30), Francesco Sternativo (43) e Giuseppe Saracino (46). Nei giorni scorsi è stato notificato loro un avviso di conclusione indagini firmato dal procuratore della Repubblica di Brindisi, Antonio De Donno, in persona.

I principali indagati sono Magrì e Scatigna.

Magrì in qualità di amministratore unico ed ex socio della “Magrì Arreda Srl” con sede a Francavilla Fontana, Scatigna in qualità di socio unico e amministratore della “Emmesse Mobili Srl” e di socio della “Magrì Arreda Srl” sin dalla sua costituzionenel 2009 e socio unico dal 6 marzo 2014.

Secondo l’accusa, in concorso tra loro e con la dipendente Luciana Piroscia, Magrì e Scatigna si sarebbero resi responsabili del reato di estorsione continuata nei confronti dei lavoratori: sfruttando la condizione di debolezza di questi ultimi, mediante minaccia di non assumere, di licenziare o di trasferire in altra sede (nel caso di contratto già in essere) avrebbero imposto condizioni peggiori rispetto a quelle concordabili o concordate. Tra i casi ipotizzati: lo svolgimento di mansioni superiori; la corresponsione di retribuzioni inferiori a quelle indicate in busta paga; il mancato pagamento degli straordinari e della 14ª mensilità; lo svolgimento senza retribuzione di un orario settimanale superiore a quello stabilito dal contratto; la sottoscrizione di buste paga con indicazione di assenze mai avvenute e di acconti sulla retribuzione mai corrisposti; la sottoscrizione di false dimissioni volontarie e la contestuale (o quasi) riassunzione a condizioni meno vantaggiose, con perdita dei diritti maturati; la sottoscrizione di falsi verbali di conciliazione. Condotte, queste, che fino al mese di giugno 2017 avrebbero procurato – sempre stando alle indagini – un ingiusto profitto, a discapito di 46 dipendenti, superiore al milione di euro.

Nei confronti di Magrì e Scatigna è anche ipotizzato l’autoriciclaggio, ossia il reimpiego di circa 240 mila euro rivenienti da un presunto reato (quello di cui sopra, l’estorsione ai danni dei lavoratori) per il pagamento “in nero” delle retribuzioni di alcuni lavoratori non regolarmente assunti, per il pagamento “fuori busta” del lavoro festivo degli addetti alle vendite/o dei premi incentivanti e per il pagamento “in nero” dei trasportatori di mobili a clienti beneficiati di promozioni.

Le ipotesi di reato a carico del quartetto composto da Magrì, Scatigna, Gallone e Di Maria sono di falsità ideologica e materiale in concorso e continuate commesse dal pubblico ufficiale. Sempre stando alle tesi accusatorie, Di Maria e Gallone – conciliatori, quindi pubblici ufficiali – istigati da Magrì e Scatigna, nei verbali di conciliazione attestavano come diversi dipendenti della Magrì Arreda Srl, da loro assistiti per conto degli uffici Cisl e Uil di Francavilla Fontana, avessero raggiunto una conciliazione col datore di lavoro, si dichiarassero pienamente soddisfatti del rapporto e non avessero null’altro a pretendere.

Sul capo di Magrì pendono anche altre due ipotesi di reato.

La prima è di lesioni personali colpose: dopo aver impiegato Saracino, senza contratto e comunicazione al centro per l’impiego, per lo smantellamento con fiamma ossidrica di un soppalco in ferro nel punto vendita di Surbo (Lecce), l’operaio è cascato da un’altezza di circa quattro metri e ha riportato una “frattura – lussazione tibio-carsica e piede dx” che gli ha imposto uno stop di 40 giorni. Per l’accusa, Magrì non avrebbe informato e formato Saracino sui rischi di quel lavoro e sulle misure di prevenzione e protezione connesse. Inoltre, non gli avrebbe fornito i necessari dispositivi di protezione individuale né avrebbe verificato che Saracino ne avesse e, in ogni caso, non avrebbe effettuato la valutazione dei rischio per l’esecuzione di lavori in quota. Quel giorno (il 21 dicembre 2017) in sostanza, il soppalco da smontare cadde sul trabattello dov’era posizionato Saracino e ne provocò la caduta.

La seconda ipotesi di reato è collegata a quest’ultima. Coindagati sono Magrì, Sternativo e lo stesso Saracino: in concorso tra loro, quello stesso giorno (21 dicembre 2017) avrebbero indotto in errore i medici del pronto soccorso di Francavilla Fontana, cui a proposito della caduta di Saracino riferirono di un incidente domestico e non di un incidente sul lavoro, con la conseguente presunta redazione di un referto falso.

Un castello accusatorio piuttosto articolato, quello messo in piedi dalla Procura sulla base dell’informativa prodotta dalle fiamme gialle, che da questo momento in poi i difensori degli indagati potranno provare a smontare pezzo dopo pezzo: intanto, conosceranno la documentazione del procedimento, poi entro 20 giorni avranno facoltà di presentare memorie difensive, produrre documenti e investigazioni di parte, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti d’indagine, presentarsi per rilasciare dichiarazioni spontanee o chiedere l’interrogatorio dei loro assistiti.

 

 

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