Nelle prime ore di questa mattina, la polizia di Stato ha eseguito quattro decreti di fermo d’indiziato di delitto nei confronti di altrettante persone ritenute gravitanti in ambienti Scu, e in particolare alla frangia tuturanese del sodalizio criminale. Si tratta di Vincenzo Bleve, 49 anni, Vito Bleve, 54, Dario Fai, 51, Pierpaolo Fai, 45. Le indagini sono state condotte dalla Squadra mobile di Brindisi e coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce. Il capo del quartetto sarebbe stato Vincenzo Bleve. Tra i reati contestati figura una rapina messa a segno lo scorso 1 ottobre nell’ufficio postale di Merine (Lecce), quando intorno alle 8,30 due persone vi hanno fatto irruzione e, armate di fucili a canne mozze, hanno minacciato i clienti e il personale delle Poste. In particolare, uno dei rapinatori ha percosso con la canna dell’arma il direttore della filiale e l’ha costretto a prendere le chiavi della cassaforte. Durante le fasi concitate della rapina, tuttavia, il direttore ha spiegato come l’apertura della cassaforte fosse rallentata da uno specifico dispositivo di sicurezza. Siccome stava passando troppo tempo e c’era troppa gente nell’ufficio postale – tra i clienti anche alcune donne colte da malore – i due hanno poi deciso di prendere soltanto il denaro presente in casa, circa 1.200 euro. Poi, raggiunto un complice rimasto a far da palo, si sono dileguati a bordo di un’auto di media cilindrata. I poliziotti, che già tenevano d’occhio i quattro per altre ragioni, sono riusciti a risalire alla loro identità attraverso rapide ma minuziose analisi del colpo e, non secondariamente, grazie all’acquisizione di tabulati telefonici, localizzazioni di cella, tracciati GPS, immagini del sistema a circuito chiuso e delle telecamere dislocate in zona. E proprio grazie ai filmati gli investigatori hanno notato come nei giorni precedenti i banditi avessero effettuato un sopralluogo con anche un’auto presa a noleggio.
Sono contestate a tutti e quattro le aggravanti di aver commesso il fatto in più persone travisate, con violenza e minaccia, e munite di armi sia comuni che da guerra (kalashnikov AK47), mentre a tre di loro (Vincenzo Bleve, Dario e Pierpaolo Fai) si contesta anche l’appartenenza alla Scu. Il quarto (Vito Bleve) si sarebbe invece semplicemente messo a disposizione dell’associazione mafiosa.
Le indagini, durate alcuni mesi, hanno anche permesso di far emergere come i primi tre, in estate e poi nuovamente a ottobre, avessero anche “speso” il nome della Scu a scopo intimidatorio per estorcere del denaro a un imprenditore agricolo di Brindisi, raggiunto nel suo fondo.
L’esecuzione dei decreti di fermo di indiziato di delitto, emessi in via d’urgenza dalla Direzione distrettuale antimafia al fine di interrompere l’attività delittuosa del gruppo tuturanese, è stata accompagnata da perquisizioni domiciliari per la ricerca delle armi impiegate dalla banda per commettere la rapina.