Il candidato consigliere Antonio Metrangolo (“Liberi”) ha presentato, per il tramite del suo legale Roberto Palmisano, un ricorso al Tar di Lecce con cui chiede l’annullamento delle proclamazioni di sindaco e consiglieri comunali di Oria a seguito delle elezioni amministrative degli scorsi 10 e 24 giugno (turno di ballottaggio). In una delle 13 sezioni elettorali – a dire di Metrangolo, sostenuto dal rappresentante di lista Leonzio Patisso – si sarebbero, infatti, verificate alcune irregolarità tali da aver inficiato il risultato finale: da un certo punto in poi, lo scrutinio sarebbe stato condotto non dal presidente nominato dalla Corte d’Appello, ma da un dipendente del Comune, peraltro componente dell’Ufficio elettorale comunale; altra anomalia evidenziata, dallo scrutinio non è emersa alcuna scheda bianca. Secondo le tesi del ricorrente, quel dipendente comunale non era legittimato a sostituirsi al presidente effettivo anche perché sprovvisto dei requisiti di legge e, per giunta, incompatibile in quanto già incardinato nell’Ufficio elettorale comunale. Nel ricorso, s’invoca, dunque, la ripetizione delle votazioni nella sola Sezione 10 (788 votanti su di un totale di 1088 elettori al primo turno).
Un’eventualità, per quanto remota e sulla quale non esiste giurisprudenza, che potrebbe far mutare i numeri parziali e totali di quel primo turno datato 10 giugno. Il dato della Sezione 10 avrebbe, insomma, contribuito a escludere il candidato Metrangolo dagli eletti nel Consiglio comunale. Al gruppo di liste collegato al candidato sindaco Pino Carbone (Coalizione del Buongoverno) erano stati attribuiti 4.556 voti validi, pari al 49,11 per cento sul totale dei voti validi, e inferiore al 50 per cento (4.639) per soli 83 voti. Così, dopo la vittoria al secondo turno, Maria Lucia Carone ha potuto beneficiare del premio di maggioranza: dieci consiglieri anziché i sette effettivamente ottenuti al primo turno, con la conseguente estromissione dal Consiglio proprio di Metrangolo e di un altro candidato della Coalizione del Buongoverno.
La circostanza della partecipazione allo scrutinio da parte del dipendente comunale è testimoniata sia dal verbale della Sezione 10, sia da un filmato realizzato nella circostanza e allegato al ricorso. Ma cosa determinò l’intervento del dipendente comunale durante lo spoglio? Lo si evince dallo stesso verbale, sottoscritto dal presidente effettivo: le operazioni procedevano a rilento e diversi scrutatori erano affaticati e in condizioni di salute non ottimali, così per accelerare il tutto, sul far del giorno, il componente dell’Ufficio elettorale comunale intervenne “per dare una mano”.
Scrive l’avvocato Palmisano: «(…) esistono alcune regole elettorali ritenute tassative dalla legge la cui violazione impone l’obbligo di annullare le operazioni di voto indipendentemente dalla circostanza che le irregolarità rilevate siano tali da incidere sul risultato elettorale, trattandosi di regola poste a presidio della legittimità, della trasparenza e della regolarità della votazione e dello scrutinio a prescindere».
E ancora: «Immagini l’adito collegio cosa potrebbe succedere in Italia, durante lo svolgimento delle elezioni e degli scrutini, specie in zone delicate del Paese dove ci sono seri problemi di criminalità organizzata e di controllo del territorio, qualora dovesse passare il principio, nonostante la rigidità delle leggi elettorali, che con l’accordo del seggio si possano delegare le delicate funzioni di presidente del seggio elettorale a chicchessia senza alcuna verifica e senza nessuna conseguenza».
Insomma, ora la palla passa ai giudici amministrativi che potranno accogliere o confutare le tesi esposte dal ricorrente e dal suo legale.