Accusati di aver trasmesso una partita del campionato di calcio serie A muniti di una scheda per uso privato nei pressi della loro paninoteca ambulante, sono stati prima indagati per violazione del diritto d’autore e, infine, assolti in primo grado dal giudice perché la condotta, priva di pubblicità o sovrapprezzo, non è stata ritenuta penalmente punibile.
La sentenza che, sul tema del copyright, può diventare un importante precedente giurisprudenziale, arriva dal Tribunale di Brindisi, dove si è tenuto il procedimento di primo grado. Alla sbarra, come imputati, il titolare 45enne del locale e un suo dipendente 47enne, entrambi di Torre Santa Susanna.
I fatti, invece, risalgono al 19 marzo del 2017, in occasione del match di serie A tra Roma e Sassuolo. Allo stadio Olimpico, i giallorossi, reagendo alla rete subita nei primi minuti di gioco, rimontano e si impongono sugli avversari con un sonoro 3 – 1. Una bella partita, seguita, evidentemente, dai clienti della paninoteca dove, invece, il match viene trasmesso tramite l’utilizzo di un decoder e di una tessera destinata, secondo contratto stipulato con l’azienda televisiva fornitrice, per uso “esclusivamente domestico/privato”.
L’episodio, in un modo o nell’altro, viene denunciato. E i due uomini si ritrovano indagati e poi imputati per aver violato, secondo l’accusa, la legge sul diritto d’autore.
Le indagini, nel frattempo, proseguono e i due, difesi dall’avvocato Michele Iaia del Foro di Bari, vengono rinviati a giudizio per poi, appunto, ritrovarsi davanti al giudice. Come parte civile, a processo, si ritrovano nientemeno il gestore della pay tv.
La sentenza che, sul tema del copyright, può diventare un importante precedente giurisprudenziale, arriva dal Tribunale di Brindisi, dove si è tenuto il procedimento di primo grado. Alla sbarra, come imputati, il titolare 45enne del locale e un suo dipendente 47enne, entrambi di Torre Santa Susanna.
I fatti, invece, risalgono al 19 marzo del 2017, in occasione del match di serie A tra Roma e Sassuolo. Allo stadio Olimpico, i giallorossi, reagendo alla rete subita nei primi minuti di gioco, rimontano e si impongono sugli avversari con un sonoro 3 – 1. Una bella partita, seguita, evidentemente, dai clienti della paninoteca dove, invece, il match viene trasmesso tramite l’utilizzo di un decoder e di una tessera destinata, secondo contratto stipulato con l’azienda televisiva fornitrice, per uso “esclusivamente domestico/privato”.
L’episodio, in un modo o nell’altro, viene denunciato. E i due uomini si ritrovano indagati e poi imputati per aver violato, secondo l’accusa, la legge sul diritto d’autore.
Le indagini, nel frattempo, proseguono e i due, difesi dall’avvocato Michele Iaia del Foro di Bari, vengono rinviati a giudizio per poi, appunto, ritrovarsi davanti al giudice. Come parte civile, a processo, si ritrovano nientemeno il gestore della pay tv.
La richiesta del pubblico ministero è di sei mesi di reclusione per entrambi, ma alla fine, lo dice il dispositivo della sentenza di primo grado, i due presunti “pirati” sono assolti. In attesa delle motivazioni, il giudice avrebbe infatti accolto la tesi difensiva, pronta ad evidenziare come l’istruttoria dibattimentale non avesse provato la responsabilità penale dei propri assistiti. Gli imputati, per la difesa, non avevano né pubblicizzato la proiezione dell’evento sportivo, né richiesto sovrapprezzi speciali per l’ingresso al locale.
Insomma, non avrebbero lucrato né avuto vantaggio dalla trasmissione dell’evento e, pertanto, la loro condotta non sarebbe stata penalmente punibile: secondo il giudice, “il fatto non sussiste”.