Non fu lui a rapinare quella donna della sua Smart, assolto con formula piena un 44enne

udienza sentenza giudice avvocato

Dopo una prima condanna (a quattro anni e quattro mesi di reclusione più 1.400 euro di multa) riportata in primo grado, è stato assolto in appello “per non aver commesso il fatto”. Il 44enne Angelo Zanzarelli, di Oria, era stato riconosciuto colpevole dal Tribunale di Brindisi di rapina e lesione personale, reati commessi il 28 dicembre 2010 a Latiano: intorno alle 7,30 del mattino di quel giorno, una donna aveva appena messo fuori dal garage la sua Smart Cabrio per recarsi al lavoro, quando – mentre era intenta a chiudere la saracinesca – un uomo s’intrufolò nell’abitacolo dell’utilitaria per portarsela via; la donna lo raggiunse e, dopo aver aperto lo sportello lato guida, provò a tirarlo fuori per il giubbino nel tentativo di farlo desistere, ma quello reagì e le sferrò un calcio che la fece rovinare in terra costringendola a ricorrere alle cure del pronto soccorso per via di un trauma contusivo gluteo-coscia destri e arto superiore sinistro oltre che di uno stato ansioso reattivo (prognosi di dieci giorni); a seguito della colluttazione, il rapinatore si dileguò ugualmente alla guida della Smart.

L'avvocato Raffaele Pesce
L’avvocato Raffaele Pesce

Nel corso delle successive indagini, i carabinieri della Stazione di Latiano (all’epoca al comando del maresciallo Massimo Ribezzo) mostrarono alla vittima alcune foto segnaletica tra le quali anche quella di Zanzarelli, che fu indicato dalla donna come il possibile autore del colpo e dunque anche accusato dalla Procura della Repubblica.

La citazione diretta a giudizio, fondata principalmente su quel verbale di individuazione fotografica con immagini in bianco e nero, giunse il 16 maggio 2013, mentre la prima sentenza (quella di condanna) il 9 luglio 2015. Il difensore di Zanzarelli, Raffaele Pesce del Foro di Brindisi, ha sempre sostenuto che quelle foto non fossero idonee a consentire una corretta identificazione del rapinatore così da fugare ogni ragionevole dubbio circa le responsabilità del suo assistito. E, infatti, già dinanzi al Tribunale – giudice monocratico, dottoressa Barbara Nestore – la vittima, costituitasi parte civile, non seppe confermare il riconoscimento fotografico del presunto rapinatore né, tantomeno, riconoscerlo di persona quando questi era presente in aula. Ciò non fu però sufficiente a far propendere l’organo giudicante per l’assoluzione, quantomeno per la cosiddetta “insufficienza di prove”. Di qui la condanna a quattro anni e quattro mesi, a fronte di una richiesta da parte del pubblico ministero, Luca Buccheri, di una pena pari a sei anni e sei mesi di reclusione.

Successivamente, dopo aver letto la motivazione del pronunciamento del Tribunale, l’imputato e il suo legale decisero d’impugnare la sentenza e d’investire del caso la Corte d’Appello di Lecce. Una scelta che si è rivelata azzeccata in quanto, ieri (mercoledì 17 gennaio) il collegio giudicante – presieduto dal dottor Pietro Baffa – col placet dello stesso procuratore generale Antonio Maruccia ha accolto le tesi degli avvocati Pesce e Giovanni Pezzuto del Foro di Lecce (aggiuntosi alla difesa nel secondo grado) e mandato assolto Zanzarelli con la formula piena “per non aver commesso il fatto”.

 

 

 

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