Quel fucile, molto probabilmente, non ce l’aveva messo lui in quel posto e quindi non avrebbe mai potuto minacciare suo genero di andarlo a prendere per fargliela pagare. Si è concluso con un’assoluzione piena il giudizio immediato a carico del 76enne Cosimo Pietro De Michele, che era stato arrestato il 14 marzo scorso per detenzione di arma lunga e munizioni comuni da sparo oltre che per ricettazione. Ieri (6 novembre 2017) il giudice del Tribunale di Brindisi Francesco Cacucci ha accolto le tesi dell’imputato e del suo legale, Raffaele Pesce del Foro di Brindisi, e respinto la richiesta del pubblico ministero (tre anni e mezzo di carcere).
Quel giorno di otto mesi fa, intorno alle 17, qualcuno contattò i carabinieri della stazione di Oria per segnalare un litigio familiare in corso per strada in vico Cimabue. I litiganti erano lo stesso De Michele e il marito di una delle figlie e, stando a quanto appreso dai militari, prima di allontanarsi, De Michele aveva minacciato di andare a prendere una pistola per dare una lezione a suo genero.
Gli uomini dell’Arma, allora, si recarono a casa di De Michele, in contrada Danusci, per effettuare una perquisizione domiciliare, ma in più di un’ora non trovarono alcuna traccia di armi. Successivamente, però, le figlie di De Michele raggiunsero la caserma e indicarono agli investigatori un posto nel quale loro padre avrebbe potuto nascondere qualcosa. Ed effettivamente, a seguito di un ulteriore controllo, esattamente nel punto indicato – tra una pianta grassa e un muretto – i militi recuperarono e sequestrarono un fucile Beretta calibro 12 e calciolo tagliato, caricato con due cartucce, e 21 munizioni. Il fucile risultò poi rubato il 23 maggio 2015 in un’abitazione sempre a Oria. Così, De Michele – già noto alle forze dell’ordine e condannato in via definitiva – fu arrestato e condotto in carcere a Brindisi (a suo carico anche la recidiva specifica e infraquinquennale).
Il 29 marzo, il Gip Paola Liaci, su richiesta del sostituto procuratore Antonio Costantini, dispose il giudizio immediato avendo ritenuto evidente la prova del reato. Soltanto che poi, a processo, l’avvocato Pesce è riuscito a dimostrare come il suo assistito potesse non sapesse alcunché della presenza di quel fucile nella sua proprietà. La difesa chiese e ottenne anche una perizia tecnica dattiloscopica per analizzare le impronte digitali sull’arma, che però non condusse a risultati certi in quanto troppo “contaminata”. In ogni caso, durante il giudizio, sono emerse numerose contraddizioni e illogicità, tanto che alla fine il giudice ha optato per l’assoluzione con formula piena (neppure dubitativa) “per non aver commesso il fatto” e, inoltre, ha disposto la trasmissione degli atti processuali alla Procura affinché valuti se procedere nei confronti delle figlie di De Michele per i reati di calunnia e ricettazione in concorso.