Si riceve e pubblica:
Non è mai entusiasmante infierire su chi è in difficoltà. Pur tuttavia, su un dato non è possibile far finta di nulla: non passa giorno senza che l’Amministrazione Bruno non registri il proprio smacco quotidiano.
L’ultimo ceffone politico glielo ha inferto il partito di Alternativa Popolare, il quale, mutuando metodi e sistemi della tanto vituperata Prima Repubblica, è riuscito, almeno fino ad ora, nell’intento di accaparrarsi in termini di peso politico, e soprattutto gestionale, molto di più di quanto sarebbe stato lecito attendersi in rapporto alla consistenza e alla caratura di un gruppo consiliare costituito (forse!) da un solo consigliere.
Si aggiunga che non c’è da essere sorpresi di ciò che sta accadendo all’ombra di Palazzo Imperiali, anche perché sui limiti e sulle inadeguatezze di questa Amministrazione, e della sua guida, sono stati versati fiumi d’inchiostro, cosicché non si avverte il bisogno di sprecarne altri.
Sconcerta, invece, ponendo non marginali interrogativi, l’assenza di un qualsiasi sussulto di dignità e di reazione da parte di un Partito Democratico che pure annovera tra le proprie file uomini di collaudata esperienza e affidabilità (al Pd!), che certamente stanno vivendo con sofferenza l’evidente svendita culturale, storica, amministrativa e politica di un ceto dirigente che, anche quando non è stato condiviso da questa parte politica, è stato però sempre apprezzato e rispettato.
Una cosa è certa: a pochi giorni di distanza dall’incauto can can generato da ampi strati della politica brindisina sulla marginalissima vicenda Ribezzi, una riflessione seria andrebbe fatta su un diktat politico: quello di Area Popolare, tanto rozzo nella forma, quanto inquietante nella sostanza, che la dice lunga – molto lunga…. – su quel concetto di “interesse pubblico” sul quale – Dio non voglia! – a breve potrebbe essere chiamata ad esprimersi la massima assise cittadina.
Una riflessione seria certamente sul diktat, ma anche sulla reale tenuta di una maggioranza che non è più tale, argomento sul quale il sindaco non “dovrebbe” ma “deve” convocare al più presto il Consiglio comunale.
Avv. Euprepio Curto, coordinatore Progetto per l’Italia