Il pubblico ministero aveva chiesto la sua condanna a un anno di reclusione, ma è stato assolto con formula piena – perché il fatto non sussiste – il 75enne don Franco Galiano, presidente della Fondazione Opera Beato Bartolo Longo, difeso dagli avvocati Pasquale “Franco” Fistetti e Gianluca Schifone. Le motivazioni della sentenza, emessa il 7 marzo 2017, sono state depositate lo scorso 5 giugno. Il sacerdote era a processo per rispondere del reato di lesione personale aggravata (dalla permanenza del danno alla salute) poiché – stando alla denuncia risalente al 2012, poi condivisa dalla Procura – avrebbe mobbizzato un’ex educatrice della Fondazione che, di conseguenza, si sarebbe ammalata in forma cronica di un “disturbo post-traumatico da stress complicato da disturbo progressivo”.
Qualcosa che, secondo la donna e il suo legale, oltre che secondo il Pm, sarebbe scaturito da un atteggiamento conflittuale e di emarginazione professionale, posto in essere da don Franco, consistito nell’assegnazione di attività dequalificanti rispetto alle precedenti mansioni, nel divieto di uscita con i pazienti, nelle continue richieste di prestazioni lavorative superiori alla sua specifica professionalità e nel mancato coinvolgimento nell’organizzazione del lavoro anche da parte dei colleghi.
Sul mobbing, nel 2010, si era già espresso il giudice del lavoro e don Franco era stato, infatti, condannato per fatti risalenti al triennio 2001-2004. Successivamente e in relazione a quella stessa vicenda, don Franco fu anche condannato (a un anno e quattro mesi) per calunnia dopo la denuncia del collega don Rocco Leo (teste dell’ex educatrice), assistito dall’avvocato Domenico Attanasi.
Tornado all’attualità, nella motivazione della sua decisione del 7 marzo 2017, il giudice penale Barbara Nestore, pur avendo preso atto che l’insorgere della patologia fu causato dal mobbing, ha ritenuto che non possano però imputarsi a don Franco la cronicizzazione e gli effetti perduranti della patologia stessa in quanto – dopo il periodo preso in esame dal giudice del lavoro – non si sono verificati nuovi episodi rispetto a quelli già accertati e risalenti a oltre dieci anni fa.
Don Franco, insomma, ha già risposto delle sue condotte dell’epoca e non può trovarsi esposto a tempo indeterminato – eternamente, verrebbe da dire – alle conseguenze di sue azioni risalenti nel tempo né, oggi come oggi, può autonomamente fare o non fare qualcosa per eliminare quelle conseguenze del passato. Il nesso causale tra quanto accadde e il disturbo post traumatico da stress rimane, ma – sulla base anche delle perizie mediche dei consulenti d’ufficio e di parte civile – mentre l’insorgenza della malattia poteva essere riconducibile agli atteggiamenti di don Franco, non altrettanto può dirsi della sua permanenza, che rappresenta un fatto fisiologico successivo all’insorgenza della malattia stessa. Il giudice ha quindi respinto le richieste di condanna avanzata dal vice procuratore onorario Sergio Bonatesta e dalla parte civile (L.Z., l’ex educatrice), e accolto quelle dei legali del religioso, Fistetti e Schifone.