Una donna denuncia: «Io, vittima di un clamoroso caso di malasanità: chiedo giustizia»

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Se si sia trattato di un caso di malasanità, a questo punto spetterà a un giudice stabilirlo. «Non so neppure cosa ci hanno messo nel mio corpo, so solo che da mesi soffro ogni santo giorno e nessuno mi sa o vuole dare una risposta». Non si dà pace una 47enne di Oria con problemi neurologici dopo che nell’autunno del 2016 è stata sottoposta all’ennesimo intervento chirurgico per l’impianto di un elettrostimolatore che avrebbe dovuto alleviare i suoi problemi e donarle, dopo tante sofferenze, un’esistenza normale o perlomeno dignitosa. Ormai esausta, ha deciso di denunciare tutto: assistita dall’avvocato Viviana Caforio, ha esposto la sua storia ai carabinieri della stazione di Oria e procede anche in via civilistica.
Tiziana – questo il suo nome – è stata sfortunata sin da piccola: un’iniezione intramuscolare evidentemente sbagliata le procura, quando ha tre mesi appena, il danneggiamento del nervo sciatico che comporta poi l’insorgere del piede destro equino-varo-supinato col quale ha dovuto finora convivere e dovrà convivere per il resto dei suoi giorni.

Da allora in poi la sua vita si trasforma in un’odissea. Dall’età di uno a sei anni sono già sei le operazioni sopportate dal suo corpicino: l’allungamento del tendine d’Achille, delle scarpe correttive e una molla di codivilla la aiutano a stare relativamente bene. Tutto fila più o meno liscio fino al 1990, quando avverte un dolore atroce sotto la pianta del piede destro che comporta altri quattro interventi chirurgici a Casarano. Si riprende, ma il suo calvario vero e proprio deve ancora cominciare. Dal 2008 al 2016 è costretta a girare l’Italia: riparte da Casarano, passando per Torino, Pavia poi Milano e Taranto. È poi la volta di Brindisi, dove si svolge la parte più interessante, per così dire, della storia. Una storia che, a dire della denunciante e del suo legale, dev’essere approfondita. Un neurochirurgo decide di sottoporla a un altroo intervento per impiantarle una piattina e un pacemaker di nuova generazione. Il 21 settembre ecco l’impianto provvisorio, che funziona alla perfezione. L’11 ottobre tocca al definitivo, che però – a dire della paziente – non dà mai i risultati del provvisorio nonostante i ripetuti tentativi di sistemazione da parte dei tecnici dell’impresa che aveva fornito all’Asl questo secondo apparecchio.

Il 13 ottobre Tiziana si trasferisce al San Raffaele di Ceglie Messapica per la riabilitazione, ma le crisi di dolore sono sempre più frequenti e potenti, tanto che il 19 ottobre è disposto un suo ennesimo trasferimento a Brindisi. Nel referto di dimissioni si legge: “crisi dolorose derivanti da possibile malfunzionamento dell’impianto”. Dal Perrino stavolta la dirottano ad Appiano Gentile (Como). Ad Appiano, il 24 ottobre, ci arriva con i problemi di sempre più una frattura che si era procurata il giorno prima, durante una crisi, sbattendo il piede contro la struttura del letto. In seguito, torna a Oria.

Successivamente, ancora Brindisi. Durante le festività natalizie, Tiziana cerca invano d‘incontrare il neurochirurgo che l’aveva operata, così l’11 gennaio – spazientita – raggiunge il Perrino, incontra il dottore e gli chiede conto della scadenza ormai prossima (28 giugno 2017) del suo apparecchio quando sulla bolla di accompagnamento, di cui Tiziana era venuta in possesso, si poteva leggere di una durata di 15 anni. Tiziana è molto preoccupata per la sua salute e cerca di capire cosa le hanno impiantato: va in direzione sanitaria e chiede copia conforme dei documenti relativa agli interventi che aveva subito per l’impianto sia provvisorio che definitivo per poter risalire a lotti, codici e scadenze.

Dalla direzione sanitaria la spediscono al reparto di Neurochirurgia. Qui le dicono di aver richiesto i documenti alla Farmacia ospedaliera, da cui però hanno chiesto tempo fino al lunedì successivo (16 dicembre) perché oberati di lavoro. Tiziana allora si reca in prima persona nell’unità di Farmacia, dove però negano di aver mai ricevuto alcuna richiesta da Neurochirurgia e di non disporre dei documenti richiesti. Imbufalita, torna in direzione sanitaria, reitera la richiesta e scopre che il 4 novembre 2016 era giunta una comunicazione da girare ai pazienti in cui si diceva che gli impianti come il suo avrebbero potuto procurare loro dei problemi. Intanto le dicono che no, non vi è traccia dei documenti da lei pretesi, cioè quelli relativa alle operazioni cui era stata sottoposta.

Il 14 gennaio, allora, decide d’informare di tutta questa storia i carabinieri e dunque la Procura. Nei giorni scorsi, Tiziana e il suo legale hanno chiesto un accertamento tecnico preventivo, ma è stato dichiarato inammissibile. Intanto, si è recata di nuovo a Milano, dove le hanno assicurato la prossima rimozione del secondo impianto. Il suo calvario continua, ma intende assolutamente sapere cosa realmente le fu impiantato, perché non funziona e di chi siano, se ve ne sono, le responsabilità.

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