Il nostro viaggio sulle tracce dei giovani talenti all’estero ci porta questa volta lungo il bel Danubio blu, in Austria. Qui, da circa un mese, esiste e spopola una enopizzeria napoletana (molto più che una pizzeria, in realtà) che si chiama “Via Toledo”. In quegl’impasti soffici, ma allo stesso tempo croccanti e altamente digeribili c’è ampia traccia di un DNA italiano, per la precisione oritano. Lo infonde alle sue creazioni da forno Francesco Calò, che qualche tempo addietro ha deciso di partire e di stabilirsi nel cuore dell’Europa con sua moglie Chiara Maggio e soprattutto con la piccola Martina, che tra qualche giorno compie cinque mesi.
La storia da raccontare non è, insomma, al singolare, e neppure al plurale, piuttosto bisognerà prendere in prestito un numero grammaticale assente nel nostro italiano, ma molto diffuso nelle antiche lingue indoeuropee, il duale. Perché i protagonisti di questo racconto non sono semplicemente “due”, ma piuttosto un’anima sola composta da due cuori, ed è stato proprio questo loro legame unico a guidarli fin qui, dando loro quella forza di riprogettare una vita nuova che solo l’amore è in grado di donare.
La voce di Chiara, narratrice del lungo viaggio, si fa così polifonica, e intreccia le sue paure e i suoi sogni con quelli del suo compagno Francesco. Tutto è cominciato qui in Italia, più precisamente a Oria.
Chiara ha alle spalle una lunga carriera di studio in Lingue e letterature straniere. Dentro ha una tavolozza colorata di culture e tradizioni diverse.
Francesco lavora da diversi anni nell’artigianato, settore enogastronomia. Nel suo cuore, un sogno grandissimo di innovazione per il territorio: associare all’attività di panetteria anche quella di gastronomia e caffetteria.
«Ma il nostro paese è restio ad accogliere le idee innovative – riflette amaramente Chiara – infatti questo progetto non portò agli obiettivi prefissati». Il miglior insegnamento della vita, per i giovani, è riuscire a comprendere che proprio quando sembra che tutto sia finito in realtà tutto sta per cominciare. Chiara e Francesco se ne accorgono subito: «Con non poca sofferenza abbiamo deciso di lasciarci tutto alle spalle e di rimetterci in gioco».
S’incrociano la forza di volontà di Francesco con la voglia di conoscere di Chiara, e il risultato sono una serie di viaggi che li portano, alla fine, a stabilirsi a Vienna. Le ragioni della scelta sono state molteplici ma su tutte ha vinto la bellezza. Quella semplice, fatta di piccole gioie e semplici abitudini che la città ha offerto loro fin da subito, per quanto, come è immaginabile, la strada fosse tutta in salita. «Devo dirtelo, in realtà, in alcuni casi, lo è tutt’ora, ma ne vale la pena».
Ne vale veramente la pena se oggi diamo uno sguardo a quell’anima unica che nel frattempo ha portato Francesco a lavorare in una pizzeria italiana, specializzandosi sullo studio e sulle tecniche di preparazione della vera pizza napoletana attestandosi su un livello di professionalità che può ben dirsi all’avanguardia.
«Ha studiato tantissimo per poter offrire alla gente un prodotto genuino, autentico e soprattutto leggero. Guardando lui mi sono convinta che le chiavi del successo siano la passione e la dedizione», dice Chiara con grande orgoglio.
Verrebbe da pensare che la loro storia si possa concludere così con un viennese “… e vissero tutti felici e contenti”. Invece…
«No, questo non è un punto di arrivo, anzi, è una partenza, un mettersi in gioco continuamente. Francesco studia e diventa sempre più curioso verso tutto, carpisce trucchi del mestiere, impara, ma soprattutto ama. E amare è l’unico modo per fare un ottimo lavoro».
Chiara e Francesco sono forse lo specchio di un sogno realizzato che, nei pensieri di tanti coetanei, è ancora solo immaginazione. La vita viennese rispetto a quella italiana “è tutta un’altra storia” ci dicono, perché molto esigente e senza possibilità di abbassare la guardia. Richiede ai giovani di essere intraprendenti, competitivi, dinamici. «Ma, d’altro canto – riflette Chiara – le soddisfazioni sono più vere per chi ce la fa con la propria caparbietà e tenacia».
Quindi, cosa consigliare ai giovani di Oria, Francavilla, Mesagne, Torre, Erchie, e di tutti gli altri paesi che, a volte, si sentono solo un puntino di fronte all’immensità dei confini europei?
«Più che ai giovani mi rivolgo a tutti coloro che hanno voglia di esplorare nuovi orizzonti. Il mio, il nostro consiglio, è di osare; non sprecatevi nell’apatia dei se e dei ma. In fondo è bello sentirsi cittadini del mondo ed esportare la nostra cultura». Cultura che, in Italia, ancora fa fatica ad essere realmente valorizzata.
Ilaria Altavilla