C’erano anche numerosi professionisti e rampolli della società-bene di San Vito dei Normanni tra i destinatari di Oki, panini, birra, gelati, biglietti per la festa e baci, nient’altro che nomi in codice impiegati per indicare dosi di droga. I carabinieri in forza alla compagnia sanvitese hanno eseguito oggi un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip su richiesta della Procura, nei confronti di cinque persone, tra le quali il 25enne Giuseppe Macchitella, il 33enne Gianfranco Martino, il 38enne Cosimo Nigro e il 38enne Nole Vergine, tutti di San Vito.
Le indagini dei militari – sfociate nell’operazione di oggi, denominata “Coyote” – partì il 26 marzo scorso, quando due degli indagati odierni – incensurati – furono trovati in possesso di 11 grammi di cocaina. Si pensò che quel quantitativo non fosse che una piccola parte di un “giro” più grosso.
Grazie a intense attività tecniche, con anche appostamenti e pedinamenti, gli investigatori si sono resi conto della fondatezza dei loro iniziali sospetti e, anzi, sono andati ben oltre le originaria aspettative: è emersa una florida attività di spaccio, soprattutto di cocaina, in territorio sanvitese.
Le intercettazioni telefoniche hanno portato alla luce numerose conversazioni, anche Whatsapp, con le quali le persone sotto indagine si avvisavano a vicenda circa la presenza in zona delle auto di servizio dei carabinieri (anche senza le insegne, cosiddette auto-civetta).
Gli uomini dell’Arma hanno anche appurato un ottimo livello organizzativo. Sempre dai colloqui telefonici si è capito, per esempio, che per indicare le sostanze si era deciso di impiegare un linguaggio criptato: “Hai una bustina di Oki?” oppure “Ci vediamo per una birra” ovvero “Portami due panini”, “A quanto devo vendere i biglietti della festa” e ancora “Portami un gelato” o “Dammi un bacio”...
Nelle diverse fasi intermedie delle indagini sono stati sequestrati 110 grammi di cocaina, 100 millilitri di metadone, svariate dosi di hascisc e marijuana e documentate cessioni di stupefacenti per un importo complessivo stimato in circa 150mila euro.
La cocaina in diversi casi era nascosta dentro muretti a secco di contrade ai margini della città in barattoli da conserva e già suddivisa in dosi, pronta per essere smerciata.
Nel corso delle attività investigative sono anche stati denunciati a piede libero due altre persone per aver violato, a loro volta, le norme in materia di stupefacenti, e segnalati alla Prefettura dieci assuntori.
Già, gli assuntori. Liberi professionisti, imprenditori, commercianti e figli della San Vito-bene tra loro. I ragazzi di alcune tra le famiglie più facoltose – è emerso – avevano addirittura intrecciato rapporti di confidenza e amicizia con i pusher, tanto da essere arrivati a chiamarli addirittura “papà”.