Anziano travolto dal treno, il pm chiede l’archiviazione: «Quel passaggio a livello è ok». La famiglia non ci sta

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Qui di seguito un comunicato da parte di Studio 3A, che assiste i familiari di Arcangelo Vacca, 85enne di Francavilla Fontana travolto e ucciso da un treno lo scorso 20 febbraio in via Carella:

barriere-fonoassorbentiTutto in regola: nessun responsabile. Per la Procura di Brindisi quel passaggio a livello “fai da te” di Francavilla Fontana, dove un anziano è stato travolto e ucciso da un treno, e che solo a vederlo “grida vendetta” per lo spregio della vita umana, è a norma. Una conclusione inaccettabile per Studio 3A, che si oppone con forza alla richiesta di archiviazione del procedimento, sollecitando un accertamento sullo stato dei luoghi.
La tragedia si è verificata il 20 febbraio, in via Domenico Carella. Arcangelo Vacca, 85 anni, sta rincasando a bordo della sua Lancia Y. Per accedere alla sua proprietà deve oltrepassare una linea ferrata che interseca una strada privata correndo tra le case: la linea 2 Martina Franca-Lecce delle Ferrovie del Sud Est. Non solo. Come gli altri residenti del quartiere, deve attraversare anche un passaggio a livello privo di barriere automatizzate e sicure, ma anche di segnali luminosi e acustici per avvisare dell’arrivo dei convogli e il cui uso avviene sulla base di un’antica convenzione del 1983, di cui non si sa neppure se la vittima fosse a conoscenza. A delimitarlo, solo due bassi cancelli, di quelli attraverso i quali si entra in una proprietà privata, uno da un lato e uno dall’altro, e con le chiavi dei lucchetti che li assicurano affidate agli abitanti, che devono arrangiarsi ad aprirli e chiuderli a mano per passare: il solo fatto che un pensionato per tornare a casa debba aprire con una chiave i cancelli di una ferrovia in funzione è sconcertante.
la-catenaVacca guarda se i binari sono liberi, in vista non c’è nulla: apre il passaggio a livello e si appresta a passare. L’uomo però è anziano, ci mette un po’ a risalire in auto e rimettere in moto, e intano sopraggiunge, inesorabile, un convoglio a forte velocità. Lui non se ne accorge e così succede ciò che era già stato sfiorato tante volte, specie da quando, con il potenziamento del traffico in quella tratta, i convogli non procedono più a passo d’uomo come una volta ma a 80 km all’ora: l’azienda ha installato anche barriere fonoassorbenti per tutelare dai rumori le abitazioni, senza però apportare alcuna, indispensabile modifica anche sui criteri di attraversamento, già discutibili, della linea. L’85enne occupa i binari ma proprio in quel mentre la sua vettura viene investita dal treno e scaraventata contro una scarpata, a dieci metri di distanza dal passaggio a livello: per il conducente non c’è scampo.
I familiari non sanno capacitarsi di come sia potuto succedere nel terzo millennio, e in Italia, un incidente simile: chiedono giustizia e per ottenerla, attraverso il consulente Sabino De Benedictis, si sono rivolti a Studio 3A, la società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità civili e penali, a tutela dei diritti dei cittadini.
il-sinistro-1La Procura di Brindisi, Pubblico Ministero titolare Valeria Farina Valaori, ha aperto un procedimento per omicidio colposo con unico indagato – atto dovuto – il macchinista del treno della Lecce-Martina Franca, un 64enne di Bari. Sul punto più importante circa le eventuali responsabilità del ferroviere, la velocità, l’esame dei dati della scatola nera ha accertato come nel tratto precedente al “passaggio a livello carrabile pedonale con sbarra girevole”, come viene definito, il convoglio procedesse a 73 km/h, entro il limite che in quel punto è di 80. Ed è a questa velocità che il macchinista, risultato anche negativo all’alcool test, ha azionato la frenatura rapida a una distanza di circa 30 metri dal punto d’impatto. Da questo punto di vista la richiesta di archiviazione è condivisibile: anche Studio 3A aveva messo in guardia fin da subito dal pericolo di scaricare ogni responsabilità sull’eventuale errore umano. Molto meno condivisibili, invece, le conclusioni con cui la il Pm liquida la vicenda: ”Il rispetto della velocità prevista, la conformità della normativa di sicurezza dei passaggi a livello cosiddetti privati, la regolarità della barriera anti-rumore, la piena visibilità ad una distanza di sicurezza e l’esito negativo dell’accertamento alcolemico impongono la presente richiesta di archiviazione”.
Sul punto cruciale della sicurezza, ci si limita a citare la normativa in vigore, il D.P.R 753/1980 (“i passaggi a livello privati con chiavi in consegna agli utenti sono usati sotto la diretta responsabilità degli utenti stessi che, prima di effettuare l’attraversamento, devono accertare con ogni cura e prudenza che nessun treno o mezzo su rotaia stia sopraggiungendo e quindi transitare rapidamente”), specificando come il passaggio a livello in questione sia “regolato da apposite convenzioni” tra le Ferrovie del Sud Est e una serie di residenti, sottoscritte il 5 gennaio 1983: 33 anni fa! Quanto alle barriere fonoassorbenti installate più di recente, e che creano obiettivo ostacolo alla visuale, nell’atto del Pubblico Ministero si registra soltanto la documentazione relativa all’autorizzazione e all’esecuzione dei lavori, e infine, da un test effettuato in loco, si conclude che “la visuale appariva ampia, senza alcuna limitazione, riuscendo a scorgere il treno in arrivo in direzione di marcia Francavilla Fontana-Ceglie Massapica ad una distanza di circa 310 metri, ben oltre i 150 metri della frenata.”
Conclusioni ben diverse da quelle a cui è giunto Studio 3a, anche in forza della perizia tecnica affiata ad hoc a un esperto, l’ingegner Roberto Lavopa, laddove la Procura non ha ritenuto di nominare, per ora, alcun consulente tecnico d’ufficio. Nell’opposizione depositata giovedì 3 novembre, per il tramite del servizio legale di Studio 3A, presso l’ufficio del Gip, Paola Liaci, in vista dell’udienza del 24 novembre in cui il giudice si esprimerà sulla richiesta di archiviazione, si prende atto “dell’assenza di responsabilità in capo all’indagato, la cui esecuzione dei propri compiti secondo diligenza è stata provata”.
“Non si può però tacere – continua il documento – delle condizioni dei luoghi circostanti la scena dell’incidente, che rivelano un inadempimento dei doveri di custodia in capo alle Ferrovie del Sud Est e sembrano essere state considerate – erroneamente – secondo un punto di vista totalmente slegato dalle condizioni personali del signor Vacca in tale occasione, oltre che in modo superficiale rispetto alla vigente normativa”. “Chiediamo che venga disposto un accertamento relativo allo stato dei luoghi per verificare il rispetto della norme in materia di passaggi a livello e attraversamento di binari” spiega il Presidente di Studio 3A, dott. Ermes Trovò, specificando anche i punti da approfondire.
In primis, gli elementi che causavano (a causano ) intralcio alla visibilità, a dispetto di quanto prescritto dalla “famosa” convenzione, che recita “la visuale libera attuale non potrà essere in seguito diminuita da costruzioni, siepi, arbusti od altri ostacoli di qualsiasi natura”: la vegetazione incolta lasciata crescere spontaneamente, in barba all’obbligo di manutenzione dei luoghi in prossimità dei passaggi a livello in capo alla compagnia ferroviaria, e, ancora di più, le barriere frangi-suono, che non corrono parallele a tutto il tratto ferroviario. “Un primo motivo di dubbi sulla loro legittima erezione – si specifica nell’opposizione – è costituito dall’art. 49 del già citato D.P.R. 753/1980, secondo cui, lungo i tracciati delle linee ferroviarie, è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie ad una distanza, da misurarsi in proiezione orizzontale, minore di trenta metri dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia”. La distanza massima tra la ferrovia e la barriera frangi-suono è di 6 metri, un quinto dell’indicazione prescritta dalla legge. Per inciso, le barriere appaiono anche sgretolate e bucate (rendendo così inutile la loro funzione) proprio in prossimità del passaggio a livello, a riprova dell’assenza di qualsivoglia cura da parte delle Ferrovie del Sud Est in relazione ai luoghi del sinistro.
Nell’opposizione si evidenzia altresì che, con la Circolare del Ministero dei Trasporti – Direzione Generale della Motorizzazione Civile e dei Trasporti in Concessione – Direzione Centrale V – prot. n. 13(52)10-AL del 03/05/1995 “Sistemi di protezione di P.L. pubblici e privati per ferrovie e tranvie extraurbane Direttive”, è stata fornita una definizione di “visuale libera” da intendersi come “distanza massima alla quale l’occhio di un osservatore, posto in un determinato punto della strada in prossimità dell’attraversamento, riesce a scorgere il treno. L’occhio dell’osservatore deve considerarsi situato a due metri dal bordo della strada relativo al senso di marcia, a metri 1,20 al di sopra del suolo e distante metri 3,5 dalla rotaia più vicina”. Di tale disposizione normativa, successiva alla stipulazione della convenzione, Ferrovie del Sud Est non ha tenuto conto, omettendo di aggiornare la convenzione stessa con i propri utenti e di installare dispositivi idonei a consentire l’attraversamento in sicurezza, nel rispetto del disposto normativo. L’utente, infatti, deve avere la possibilità di percepire un treno in avvicinamento disponendo di una visuale libera già a 3,5 metri dalla rotaia più vicina, ciò che nel caso in esame è impossibile: la distanza del punto di osservazione secondo le foto della ricostruzione, infatti, è posto a solo 2,9 metri dalla rotaia più vicina, anziché a 3,5.
“Vorremmo anche capire perché la società abbia abbandonato i lavori di messa in sicurezza della zona interessata che pure aveva iniziato” continua il dott. Trovò, alludendo ai due buchi nel terreno ben precisi, da cui fuoriescono cavi per un eventuale e futuribile allacciamento elettrico a un meccanismo di regolazione del traffico del passaggio a livello. Le Ferrovie Sud Est intendevano, evidentemente, mettere in maggiore sicurezza il pericoloso valico ma poi, non si sa per quale ragione, hanno abbandonato il progetto, senza neanche preoccuparsi di coprire le piccole voragini per ripararle dalle intemperie o impedire infortuni a persone. “Ciò – si sottolinea nell’opposizione – evidenzia la presa di coscienza dei responsabili della ferrovia riguardo alla pericolosità di un passaggio a livello che, per quanto privato e regolato da una convenzione sempre rispettata dagli utenti, risultava comunque a rischio e bisognoso di un opportuno intervento di messa in sicurezza. L’abbandono delle opere già intraprese rileva quantomeno sotto il profilo della colpa in relazione ad eventuali incidenti che avrebbero potuto subire gli occupanti della casa a ridosso dei binari, com’è successo”.
“Da ultimo, ma non per importanza, crediamo che vadano tenute in debito conto le condizioni reali della vittima all’epoca del sinistro – incalza il Presidente di Studio 3A – Parliamo una persona di 85 anni, un’età che non gli consentiva certo la stessa agilità che si potrebbe ritrovare in un ragazzino ma anche in un cinquantenne”. Ci troviamo peraltro in un terreno, quello su cui insiste il passaggio a livello, che non si presenta facilmente attraversabile, se non si pone molta attenzione a ogni passo compiuto: l’asfalto rotto, la presenza di sassi e ciottoli di varie dimensioni che sostengono le rotaie, e dei due pozzetti per l’inserimento di cavi elettrici non rendono il luogo un tratto né agevole né veloce da percorrere per nessuno, men che meno per un uomo molto anziano, per quanto ancora attivo.
“Confidiamo che il Gip accolga queste richieste che ci sembrano di buon senso – conclude il dott. Ermes Trovò – e voglia accordare quest’approfondimento delle indagini: crediamo sia doveroso innanzitutto nei confronti dei familiari del povero signor Arcangelo, che si aspettano che venga fatta piena luce sui fatti e sulle responsabilità, prima ancora che giustizia, ma anche nei riguardi di tutta una regione ancora scossa dal disastro di Corato, e che ora più che mai chiede attenzione e massimo impegno per la sicurezza del traffico ferroviario”.

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