Gino Capone ricorda Emma e “Migliu”: “Loro erano l’essenza stessa di Oria e del Torneo”

oria panoramica

Gino Capone
Gino Capone

Qui di seguito il bel ricordo di Emma Stasi ed Emilio Matarrelli nella parole dello sceneggiatore e regista Gino Capone, tra gli ideatori del Corteo-Torneo dei Rioni di Oria. Emma e Migliu se ne sono andati nei giorni scorsi, in rapida successione, dopo aver dato tanto, forse tutto quanto potevano, in termini di passione e dedizione, per la propria città e una manifestazione che, senza figure come le loro, non avrebbe avuto ragione d’esistere e non avrebbe raggiunto,negli anni, il successo che oggi tutti noi conosciamo e di cui ci fregiamo:

Ciao Emma, ciao Migliu

Con la scomparsa di Emma Stasi e di Emilio Matarrelli, meglio noto come Migliu Suennu, il Torneo perde due altre figure straordinarie. Quanto straordinarie posso dirlo solo io che, prima ancora di vederli nascere nella realtà come appassionati e sfegatati interpreti di uno spirito rionale autentico, li ho immaginati, così come ho immaginato i fratelli Carbone, Enzo e Pippi, cui per altri versi aggiungerei anche Picchiu D’Ostuni e Ngiccu Giudice, inimitabili guardie saracene di Federico.

Emilio Matarrelli con il sindaco Cosimo Ferretti
Emilio Matarrelli con il sindaco Cosimo Ferretti, foto: Franco Arpa

Agli albori della nostra rievocazione storica, quando il progetto era ancora allo stato embrionale, speravo ardentemente che una volta realizzata avesse dei personaggi come loro, capaci cioè di garantire con la loro ardente passionalità la continuità dell’evento storico. Una passionaria come Emma, che si veste con i colori del proprio rione (il Lama) e tinge così anche l’auto (una 500 d’epoca), che presenzia a tutte le manifestazioni, anche a quelle degli altri rioni, sbandierando la sua fede rionale ma rispettando quella degli altri, ritenendoli non nemici ma avversari, è un esempio da emulare.

Sono queste figure che riescono a cogliere e quindi a trasmettere e diffondere i valori veri che stanno dentro una rievocazione storica come la nostra. Lo stesso dicasi per Migliu, che era legato al Torneo non solo attraverso il proprio rione, ma anche nella sua veste di falegname. Sin dalle primissime edizioni, infatti, l’ho usato a tutto spiano sia per le scenografie che per le attrezzature delle gare.

Anzi, durante la preparazione del Torneo ero il suo tormento, ma non c’è stata una sola volta che mi abbia opposto un no. Mai. Eppure le mie richieste erano pesanti, pressanti e piuttosto fuori dallo standard abituale del suo lavoro di falegname: margiali di zappa e roti ti traini, per cui il povero Migliu si trovava costretto a soddisfare esigenze che a volte faticava anche a comprendere.

emma stasi
Emma Stasi

Non potrò mai dimenticare quando, avendo pensato di potenziare la spettacolarità delle gare impiegando gli arieti nel finale, gli chiesi di realizzarmi le teste. Lui si mise subito al lavoro e mi promise che il giorno dopo sarebbero state pronte. E così fu. Solo che quando passai dalla putea per vederle trovai la sorpresa. Le quattro teste erano pronte ma somigliavano più a delle pecore che ad arieti. Il bello fu che Migliu era così convinto d’aver fatto un capolavoro che si aspettava i miei complimenti, tanto che quando, incazzatissimo, gli feci notare che quelle sue teste non avevano niente a che fare con le teste che gli avevo chiesto, si meravigliò.

«Piccè? », disse, guardandomi con quella sua aria ineffabile. «Cce li manca cu sontu arieti? ».

«Li corni, Mi’, li corni li mancunu», risposi ancora più incazzato.

E lui, come se niente fosse:

«Si veti ca quisti quattru corni no ni tennu» .

«Beh, e viti ci ‘nci li mitti tu», replicai, e me ne andai. Lui lo fece, ma prese la mia battuta alla lettera, nel senso che non rifece le quattro teste con le corna ma improntò delle corna e le applicò alle teste già fatte per cui il giorno della gare saltarono via al primo impatto col portone.

Migliu era fatto così, ma non se la prendeva mai, neanche quando, un po’ per sfotterlo, un po’ per stimolarlo ad impegnarsi di più, gli rinfacciavo di essere un falegname di arti crossa. Lui faceva un mezzo sorriso e ci passava sopra come se nulla fosse. E non lo faceva perché aveva grande stima e grande rispetto di mio padre, per il quale aveva lavorato come operaio quando papà mmisurava tabbaccu per conto dei Monopoli di Stato. Lo faceva perché aveva capito che tutto quello che chiedevo e dicevo lo chiedevo e lo dicevo per il Torneo, che lui amava in maniera sviscerata.

E poi, lavorando per mio padre, mi conosceva sin da piccolo e percepivo anche il suo orgoglio nel vedere che quel ragazzino che lui aveva visto crescere non solo faceva lo sceneggiatore a Roma (allora lontana come sarebbe oggi New York) ma si dava da fare anche per il proprio paese. Ciao MIgliu, mi mancherai, così come mi mancherà Emma e tutti gli altri che hanno dato l’anima per il Torneo e quindi per Oria.

Gino Capone

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