Niente di niente, i termini sono scaduti e nulla si è mosso. Sono trascorsi quasi tre mesi da quando, lo scorso 5 maggio, erano state depositate 1.400 firme per chiedere al Comune di Oria di rinunciare alla restituzione dei soldi del risarcimento a suo tempo versati alla famiglia di Mario De Nuzzo, morto l’11 agosto 1991 – a soli 17 anni – per essere stato sparato da un vigile urbano mentre con alcuni amici tentava di scavalcare il muro di cinta del campo sportivo per assistere gratis al Torneo dei Rioni. Nonostante le promesse da parte dell’amministrazione comunale e le ripetute sollecitazioni da parte dei promotori della petizione – Pamela D’Oria, Lucia Durante, Anania Lonoce e Rosa Bembi – nessuno ha finora mosso un dito perché della questione si discuta almeno in Consiglio comunale. Come se nulla, insomma, fosse stato, tra i soliti rinvii e i cronici rimpalli di responsabilità. Sono delusi, ma non si arrendono i quattro amici di Antonio De Nuzzo (fratello di Mario, che fino al 13 agosto è in ferie da queste parti) i quali potrebbero di qui a breve diffidare il sindaco ad adottare i provvedimenti dallo Statuto. Il passo successivo, in caso di ulteriore silenzio, sarebbe quello di presentare un esposto alla Procura. «Anche perché – fanno sapere – tutte quelle persone che hanno sottoscritto quel documento ci fermano e ci chiedono come sia andata a finire quella storia, se ci siano novità…»
Mario fu ucciso da un colpo di pistola esploso da un vigile urbano l’11 agosto 1991 mentre, con alcuni amici, tentava di scavalcare il muretto di cinta del campo sportivo per assistere gratis al Torneo dei Rioni. L’agente fu condannato a 16 anni per omicidio, mentre il Comune di Oria a risarcire il danno alla famiglia: poco più di 500mila euro. Quattro anni fa, però, la Corte di Cassazione – accolto un ricorso presentato dal Comune nel 2007 – ha stabilito che il vigile agì per conto proprio e non nell’adempimento di un dovere istituzionale e dunque i familiari del povero Mario sono stati di fatto “condannati” a restituire al Comune quella cifra. Una cifra di cui però Salvatore (papà di Mario) e Antonio (fratello) non dispongono più, avendola spesa nella costruzione di una cappella al cimitero, nei lavori di completamento della casa e nelle cure alla madre di Mario, che si era ammalata (ed è poi deceduta).