Non ha potuto salutare per l’ultima volta suo nonno, come sarebbe normale che fosse in casi così delicati, nonostante il giudice gli avesse accordato il permesso: ha dell’assurdo quanto capitato ieri a un 24enne di Francavilla Fontana, detenuto nella casa circondariale di Brindisi. Due giorni fa, all’età di 64 anni, è morto il suo parente cui era molto legato e, dunque, il suo avvocato ha chiesto e ottenuto dal magistrato di sorveglianza il provvedimento di autorizzazione per due ore ad assistere ai funerali e/o alla tumulazione del caro estinto. Due operatori di polizia penitenziaria avrebbero dovuto accompagnarlo fino alla sua città per consentirgli l’addio, ma ciò non è stato possibile a causa della carenza di personale all’interno del carcere.
Questa, almeno, la giustificazione ufficiale fornita dal responsabile del servizio. Né funerali, celebrati ieri pomeriggio, né tumulazione, avvenuta stamattina, per lui che forse – compatibilmente con la disponibilità delle guardie – dovrà nei prossimi giorni accontentarsi di una semplice visita al cimitero. Non propriamente la stessa cosa. Ovviamente, né il diretto interessato né la sua famiglia hanno gradito – e ci mancherebbe altro – tanto che ora annunciano azioni legali per chiarire ed eventualmente punire quella che descrivono come un’inaccettabile prevaricazione dei diritti umani.
Sembra peraltro che, negli ultimi tempi, questo non sia stato neppure il primo caso del genere. E, in uno Stato di diritto, non è affatto normale che – qualunque ne sia il motivo – accadano episodi simili. Il regime carcerario non può e non deve prevalere sull’umanità.