«Disorganizzazione totale e anche un po’ di furbizia, ma che dire poi dei bambini?». Commenta e riassume così una paziente di Francavilla Fontana la sua esperienza presso il pronto soccorso dell’ospedale “Antonio Perrino” di Brindisi: sette ore e mezza d’attesa prima di essere finalmente visitata e, dopo pochi minuti, sentirsi dire: «Ci spiace, deve tornare domattina: lo specialista non c’è». Alla fine, la decisione di rivolgersi a un privato. La sua storia, però, merita di essere raccontata dall’inizio.
Sono le 16,45 di ieri (24 giugno 2016) quando la donna si sottopone al cosiddetto triage (assegnazione del codice di urgenza del caso). Non è grave – un’allergia improvvisa e acuta con eczema – quindi sa che le toccherà aspettare un bel po’. Ci sono giustamente prima i codici rossi e gialli, poi si passa man mano a quelli verdi come il suo e infine ai bianchi.
«Lo sapevo di non correre pericolo di vita e infatti non mi sono lamentata, se non dopo quattr’ore che attendevo invano e, soprattutto, senza avere tra le mani una qualunque carta che certificasse l’avvenuta accettazione…». A lei e a suo marito dicono di stare tranquilli e di continuare a pazientare, tanto prima o poi la chiamata sarebbe arrivata.
Così fanno. Pazienta e pazienta, trascorrono altre due ore e, intanto, cambia anche il turno degli infermieri e dei medici. Ma, tra qualcuno che magicamente passava avanti e i bimbi ai quali non era data precedenza, intorno alle 23 ecco che la signora e suo marito decidono di chiedere nuovamente delucidazioni allo sportellista subentrato. «Siete stati già chiamati – dice – e non vi siete presentati, così si è passati oltre».
«Non era assolutamente vero – assicura la donna – non ci avevano mai chiamato, anche perché eravamo sempre stati là, non ci eravamo mossi neanche per un minuto».
L’addetto li rassicura dicendo loro che non c’è alcun problema e che si sarebbe potuto tranquillamente procedere a una nuova registrazione e a una nuova attesa, stavolta più breve perché nel frattempo il “grosso” del lavoro era stato smaltito. Stremati, protestano anche duramente ma, alla fine, accettano questa nuova accettazione e, intorno a mezzanotte, ecco finalmente la tanto sospirata chiamata.
Il medico visita la paziente e le di ce che sì, con ogni probabilità si tratta di un’allergia da cui è scaturito un fastidiosissimo eczema, però più di tanto non può dire né fare poiché lo specialista non copre il turno di notte e quindi non può essere da lui visitata. Se ne potrà riparlare all’indomani. Dopo pochi minuti e, soprattutto, dopo un’attesa di sette ore e mezza, marito e moglie se ne vanno e tornano nella Città degli Imperiali, lei con gli stessissimi fastidi e gli stessi pruriti di prima su tutto il corpo (sedati con due fortissime iniezioni di calmante che ha prodotto i suoi effetti stordenti per tutta la notte e oltre).
Stamattina (25 giugno) il consulto con il dermatologo del Perrino non fornisce chissà quale soluzione e il nocciolo della questione è: «Che ci fa qui, quando si sarebbe potuta rivolgere a un dermatologo di fuori?». Cosa, questa, che la donna farà perché così avanti proprio non può andare.
«In tutta questa storia, a pensarci bene – conclude – in effetti la sanità ci fa sulla carta un’ottima figura, perché di fatto io sono stata visitata e dimessa poco dopo essere stata registrata per la seconda volta, mentre della prima registrazione si era persa ogni traccia, ma ciò che mi ha colpito in modo particolare è stata la presenza nel pronto soccorso di numerosi bambini, costretti ad aspettare in un posto ad alta infettività: insomma, davvero una cattivissima esperienza che non auguro a nessuno…».