Tra le “gesta” degli indagati nell’ambito dell’inchiesta che l’altro ieri (22 giugno) ha condotto all’arresto di quattro persone, un posto di assoluto rilievo assumono sicuramente i furti d’auto. Ogni santo giorno o quasi, l’obiettivo era quello di procurarsi almeno una macchina, dietro commissione (per pezzi di ricambio) o semplicemente per poi chiedere il cosiddetto cavallo di ritorno. Ricerche e azioni messe in pratica non soltanto a Oria, ma anche nel circondario. Come quella volta a Manduria…
Nel primo pomeriggio del 19 aprile 2013, due degli indagati sono in perlustrazione nel comune del Tarantino quando, nei pressi dell’ospedale “Marianna Giannuzzi”, adocchiano una potenziale preda: una Fiat 500 vecchio modello targata Bari il cui furto era con ogni probabilità stato loro commissionato. Si appostano, ma quello spiazzo non è ideale per entrare in azione. Così, pazientano e attendono che la proprietaria – un’anziana signora del posto – se la riprenda per poi seguirla e “lavorare” davanti casa sua. E questo puntualmente accade. Nelle fasi-segugio, commentano le caratteristiche della vettura e concordano il piano esecutivo: «Questa è morta, questa è mia, sono due vecchi?».
La donna si rimette alla guida della sua utilitaria e quelli la seguono fino in via Maruggio, dove parcheggia. Una zona giudicata dagli inseguitori sufficientemente tranquilla.
L’idea è quella di “spadinare” e far partire la 500, ma all’atto pratico sorge qualche problema: proprio non vuole saperne di mettersi in moto. Si passa al piano B: portarla via a spinta, anzi: a spintoni. L’altra auto nella disponibilità di uno dei due – un’Alfa 147 – sperona ripetutamente sul retro la Fiat, con all’interno l’altro, fino a quando non giungono in un posto sicuro, tra le campagne lungo la strada per San Cosimo alla Macchia. Qui riprovano ad avviarla, ma nulla. Si rende necessario l’intervento di un esperto e, infatti, da un’officina di Oria viene prelevato, col consenso del titolare (altro indagato), un giovanissimo elettrauto (minore, per cui si procede separatamente) che individua subito l’inghippo: un antifurto che, allo spegnimento del motore, blocca corrente e alimentazione.
Intanto, i carabinieri – coordinati dal luogotenente Roberto Borrello – sono in ascolto e grazie al Gps montato sull’auto dei ladri individuano il nascondiglio della 500. E, intorno alle 18,15, se la vanno a prendere, avvisando la proprietaria, che non si era ancora accorta di alcunché, dell’avvenuto ritrovamento. Quando, dopo aver riaccompagnato l’elettrauto in officina, quegli altri tornano sul posto e non trovano più l’auto, si allarmano e capiscono subito, tanto che vanno a dare un’occhiata presso uno sfasciacarrozze ed esattamente là scorgono il “loro” veicolo. Il colpo era fallito, una giornata “lavorativa” buttata.