Dai documenti dell’inchiesta che ieri (22 giugno 2016) ha condotto all’arresto di quattro persone – tutte di Oria – emerge un caso abbastanza singolare, e cioè il furto di un’auto all’interno del cimitero di Oria.
Il 4 novembre 2012, il signor C.D.G prende in prestito l’utilitaria di suo figlio e si reca al camposanto per portare dei fiori nella cappella di famiglia. Siccome ha problemi di salute, il custode gli apre il cancello e – come di consueto – lo fa entrare direttamente con la macchina.
Il signor C. giunge a destinazione, prende i fiori e scende dal veicolo, lasciandolo aperto e con le chiavi inserite nel quadro, a pochissimi metri dall’ingresso della cappella. Dopo appena qualche minuto, l’anziano ode l’accensione del motore e, voltandosi, intravede alla guida un uomo che si dirige verso l’ingresso principale del luogo sacro, facendo poi perdere le sue tracce. A seguito della denuncia, i carabinieri della stazione di Oria – coordinati dal luogotenente Roberto Borrello – cercano di ricostruire l’accaduto, ma non è semplice.
Il 6 novembre, intanto, recuperano il mezzo (perfettamente integro) in contrada “San Giovanni Lopariete” e lo restituiscono al figlio del signor C. Si sospetta, ma non si conosce ancora l’autore del furto, che si autoaccusa – stando sempre al contenuto dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Brindisi su richiesta della Procura – in un’intercettazione ambientale registrata dai militari dell’Arma il 7 aprile 2013.
Quel giorno, l’auto nella disponibilità di uno degli indagati, con a bordo anche altre quattro persone, transita da viale delle Rimembranze, proprio di fronte al cimitero, quando uno dei passeggeri ricorda e si vanta di una sua precedente impresa, quella di cui sopra.
Il tono della conversazione è scherzoso e anche un po’ di sfida quando un altro degli indagati, chiede agli altri passeggeri se vogliano scommettere con lui 100 euro che sarebbe entrato nel camposanto per rubare un’auto, poi ricorda a tutti di averlo già fatto in passato mentre una persona stava portando i fiori al figlio, sulla lapide “e mi chiamarono pezzo di merda”. Uno di loro dà ragione a chi l’aveva etichettato così: “Eh, hai voglia, nel cimitero…”.
Ma quell’altro rincara la dose: “Quanto è bello, che cazzo me ne fotto io”. D’altra parte, nonostante l’indagine più approfondita dei carabinieri – sfociata nell’operazione di ieri – fosse partita soltanto nel febbraio 2013, quello era stato l’unico furto nel camposanto di Oria e, dunque, per i militari, per la Procura e per il Gip, a distanza di qualche mese, uno degli indagati se n’è di fatto accusato, rendendo una sorta di confessione, per quanto ignaro del fatto che gli investigatori fossero in ascolto.