Si trattò di mobbing. L’ha stabilito il giudice del lavoro, che ha dato ragione a Silvia Monica Tardivo – 54 anni, dipendente pubblica da 31 – e condannato il Comune di Francavilla Fontana a restituirle ciò che negli anni passati le era stato ingiustamente sottratto: in primis, la dignità di donna e di lavoratrice. Si è concluso qualche giorno fa, martedì 7 giugno, un lungo e tortuoso percorso giudiziario – tra lentezze, rinvii e persino il cambio del magistrato – che l’impiegata dell’Ufficio di stato di civile della Città degli Imperiali, dov’è in servizio dal 1988, ha intrapreso dopo aver subito innumerevoli angherie sul posto di lavoro e che le hanno completamente stravolto l’esistenza.
L’ente è ora tenuto a darle ciò che le spetta, ossia ciò che non ha percepito quando ha svolto mansioni superiori – addirittura dirigenziali – presso l’Ufficio tecnico e a risarcirla del danno da demansionamento (oltre che le spese fin qui sostenute). Sì, perché ci sono stati ampi periodi nei quali Monica Tardivo avrebbe avuto voglia di faticare e di rendersi utile, come aveva sempre fatto, ma non le è stato consentito.
Il suo calvario comincia il primo marzo 2007, quando per motivi logistici la trasferiscono presso il comando di Polizia locale in via San Vito, dove si occupa di Ecologia e Ambiente. Sindaco è Giuseppe Marinotti, comandante della Municipale, e dunque dirigente del settore, Francesco Taurisano. A Monica Tardivo è assegnato per ufficio una sorta di sgabuzzino di due metri per due, dove non c’è neppure spazio per archiviare le pratiche, e da cui è necessario passare per raggiungere il bagno degli uomini… Ella non si perde d’animo e fa il suo, ma a un certo punto, il 30 luglio dello stesso anno, Taurisano decide che di lei non ha più bisogno e che delle sue cose si sarebbe occupata un’altra persona. La invita, dunque, a rivolgersi al direttore generale per essere destinata altrove. Lo fa, ma non accade assolutamente nulla e la dipendente si trova a doversene stare con le mani in mano.
Il 7 gennaio 2008, al rientro dalle ferie natalizie, nel suo ufficetto si ritrova due grandi distributori automatici di caffè e bevande che quasi le impediscono di raggiungere la sua scrivania. Il comandante ribadisce il concetto: «Qui non sei utile, insisti per farti mandare in un altro ufficio». Così, il Dg e il responsabile del personale le dicono di “andare a dare una mano” all’Archivio. Un incarico temporaneo e precario che infatti poi finisce.
Quando l’impiegata torna in via San Vito, è costretta a occupare il divano all’ingresso: neppure ce l’ha più quel suo angusto ufficio. Intervengono i sindacati, ma niente. Si rivolge a un avvocato, che scrive al Comune: niente neanche in questo caso. Tutto rimane uguale, tanto che alla fine Monica Tardivio crolla e, in preda allo stress, il 14 gennaio 2008 è costretta a farsi soccorrere dal 118 e poi a sottoporsi alle cure in ospedale. Si era trattato di una crisi d’ansia legata alla situazione frustrante che era quotidianamente forzata ad affrontare.
Nel corso di un Consiglio comunale sulla legalità, poi, il primo cittadino fa esplicito riferimento alla sua “scarsa voglia di lavorare”. Lei non ci sta e, attestati di merito e riconoscimenti alla mano, lo querela.
La situazione sembra sbloccarsi il 14 febbraio 2008, ma si tratta di un bluff. Anzi: di una punizione: la mandano ai Servizi finanziari, dov’era già stata 17 lunghi anni salvo poi andarsene per incompatibilità ambientale con l’allora dirigente (con cui aveva avuto una relazione sentimentale finita male). Inutili le richieste al sindaco di farsi spostare da un’altra parte, e allora si rivolge al giudice del lavoro, che il 23 aprile 2008 dispone l’immediata revoca di quel trasferimento.
Il 12 maggio 2008, la sballottano, dunque, all’Ufficio di stato civile poiché una delle addette era ammalata e un’altra sarebbe andata in pensione di lì a qualche mese. Ma anche in questo caso non è mica la soluzione ideale. Qui è infatti costretta a gestire e a spostare pesanti faldoni nonostante, sin dalla sua assunzione nel pubblico impiego, conviva con una riduzione del 35 per cento della funzionalità della mano sinistra… Così, ancora una volta, molto spesso non può fare granché.
E, infatti, il 23 maggio dello stesso anno, ecco che giunge puntuale l’ennesima “crisi ansiosa reattiva”: nuova corsa in ospedale e nuova terapia da seguire.
Il 26 maggio il dirigente l’assegna temporaneamente all’Anagrafe poiché una delle unità è in malattia, ma quando la signora Tardivo fa per prendere possesso del suo posto, quella stessa dipendente era già rientrata. E, dunque, si ritrova senza una scrivania, senza computer, senza mansioni e seduta semplicemente accanto a una collega, come una stagista qualsiasi. Una stagista con già 23 anni di esperienza alle spalle. Niente male. Il 22 agosto giunge un contentino: è addetta a consegnare solo ed esclusivamente i tesserini per la caccia, ma non ha ancora una postazione.
Nel frattempo, Marinotti si dimette e sceglie di andare a fare il consigliere regionale anziché il sindaco della Città degli Imperiali. L’impiegata spera in una svolta e si rivolge al commissario prefettizio Maria Antonietta Olivieri, ma anche in questo caso nulla si smuove.
L’inattività dura fino al 27 marzo 2009: il commissario la destina all’Ufficio di stato civile a seguito di un pensionamento. Monica Tardivo ha finalmente una sua postazione e può tornare a produrre come ormai, suo malgrado, non fa da troppo tempo. Pazienza se non ha alcuna formazione per quell’incarico nel quale profonde comunque impegno e abnegazione.
Fine del calvario? Quasi. Perché, dopo quello lavorativo, comincia quello legale. Tra fascicoli che si perdono, avvocati e medici che si dissolvono nel nulla, solo nel 2011 riesce a imboccare la strada che si sarebbe rivelata giusta.
Si affida a un avvocato di Firenze, Alessandro Iandelli, che prende a cuore la sua vicenda e la rassicura: il primo agosto il ricorso per mobbing/straining approda presso il Tribunale di Brindisi.
Seguono numerose udienze, altrettanti rinvii e, al momento di ammettere le perizie medica e contabile, persino un cambio di magistrato. Intanto, all’avvocato Iandelli si affianca l’avvocato Francesca Conte del foro di Lecce. E tutti e due i legali, alla fine, riescono a convincere il giudice Domenico Toni, il quale – a seguito dell’udienza del 7 giugno scorso, dopo cinque anni dalla presentazione del ricorso e quasi dieci dall’inizio dei fatti – accoglie in gran parte le tesi da loro esposte, riconoscendo all’impiegata sia il diritto a percepire quanto le sarebbe spettato quando svolse mansioni superiori, sia i danni da demansionamento, sia il rimborso delle spese sin qui sostenute.
E, soprattutto, le ridà un po’ di serenità e dignità, almeno parzialmente ristorandola dei danni alla reputazione subiti in quel difficilissimo periodo della sua vita. Il Comune si ritroverà ora con un debito fuori bilancio del quale però forse in futuro si potrà chiedere conto a coloro i quali l’abbiano effettivamente prodotto. Adesso c’è solo da attendere le motivazioni della sentenza, per le quali il magistrato si è riservato i canonici 90 giorni.