Un’idea, tutto nacque mesi fa da una semplice idea. L’idea di convincere il ministro dell’Interno Angelino Alfano, uno dei principali esponenti del Governo, a fare tappa a Brindisi. Un’idea di Mimmo Bianco, Ciro Argese, Giuseppe Cavallo e Roberto Leo, i colonnelli locali del fu Nuovo centrodestra promossi a generali con l’avvento di Area popolare. Le stellette non gliele ha regalate nessuno, se le sono prese sul campo. Con i voti e un po’ giocando a scacchi, perché – si sa – la politica è pur sempre una sfida: ci si pone degli obiettivi e si cerca di raggiungerli nel modo migliore o in quello più efficace.
Così, ieri Alfano davvero è stato a Brindisi – a sostegno dei suoi generali e, dopo, del candidato sindaco Nando Marino – e ha presentato il suo libro “Chi ha paura non è libero”, che parla d’immigrazione e di terrore, tracciando una linea netta di demarcazione tra la prima e il secondo, perché proprio non si può fare di tutta l’erba un fascio. E a quelli di Ap, di estrazione prevalentemente centrista con uno sguardo appena accennato a destra, i fasci non piacciono. Motivo per cui il ministro dell’Interno – in un Salone di Rappresentanza pieno di gente – l’ha detto a chiare lettere: i flussi migratori non possono e non devono essere respinti sic et simpliciter, ma rappresentano un fenomeno da affrontare e disciplinare, con umanità da una parte e con fermezza dall’altra.
«Il simbolo più bello di questi giorni è la foto di una poliziotta, una nostra donna, che dà del latte nel biberon a una bimba nigeriana che ha perso sua madre a seguito di un naufragio: l’Italia è questa, l’Italia aiuta e accoglie perché nessun uomo e nessuna donna, nessun bambino può essere lasciato morire».
«Successivamente – ha proseguito – una volta tratti in salvo, si chiede ai migranti: tu da dove vieni, fuggi da una guerra? E nel caso di risposta affermativa e dopo le verifiche del caso, li si ospita secondo i principi più elementari del diritto internazionale; altrimenti, se si sia di fronte a semplici clandestini, prima li si aiuta e poi li si rimanda a casa».
Concetti semplici, quelli espressi dal ministro, che hanno in più occasioni suscitato gli applausi convinti della platea, tanto in Provincia (nota di colore: finiti i soldi persino per l’aria condizionata, caldo torrido in sala) quanto poi all’Hotel Nettuno.
Nel primo caso Alfano aveva accanto il sottosegretario Massimo Cassano, il presidente della Regione Emiliano e il rettore dell’Università degli Studi di Bari Antonio Felice Uricchio; nel secondo, al Nettuno, a circondarlo c’erano lo stesso Cassano, Bianco, Cavallo, Argese e Leo, oltre ovviamente all’aspirante successore di Mimmo Consales, Marino.
Nei pochi minuti che ha concesso al suo uditorio prima di ripartire alla volta di Roma, il ministro, dopo aver nuovamente accennato al suo libro e a migrazione/terrorismo, ha un po’ parlato delle beghe politiche nazionali, soffermandosi sulla falsa morale – a suo dire – dei grillini e sui loro clamorosi svarioni grammaticali e lessicali. Dopo aver sentenziato «Nando, tu sarai il prossimo sindaco di questa bellissima città», ha ringraziato tutti e, abbracciati per l’ennesima volta i suoi unici punti di riferimento sul territorio, si è diretto verso l’aeroporto del Salento.
Qualcuno ipotizzava un naufragio dopo lo scisma in Ncd e la rottura – solo politica, s’intende – tra la maggior parte del partito brindisino e l’ex leader Massimo (Ferrarese, oggi presidente del Cda Invimit), che ha preferito Angela Carluccio a Marino, col quale pure ha condiviso un tratto vincente di strada in ambito cestistico, prima che insorgessero complicazioni per lui insormontabili. Ma nessun naufragio, nessuno a stracciarsi le vesti, anzi: scelte opposte quelle di quelli che erano gli “altri”, i subalterni, che ora, partiti anni addietro e in sordina dalla provincia (con la minuscola), tentano convintamente la scalata al capoluogo. E da ieri la benedizione di Alfano è ufficiale.