Se non è un record, poco ci manca: 15 su 15. Ogni volta, o assolto o prosciolto. L’ex super-dirigente del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Ercole Incalza, originario di Francavilla Fontana, lo scorso 10 marzo è stato prosciolto “per non aver commesso il fatto” dal Gup del Tribunale di Firenze Alessandro Moneti. A seguito di questa prima inchiesta e nell’ambito di una seconda da essa scaturita, nella primavera del 2105, quando aveva 72 anni, era stato arrestato e aveva trascorso persino 19 giorni in carcere e tre ai domiciliari a causa di un appalto per la costruzione di un sotto-attraversamento della Tav fiorentina.
Incalza, indagato insieme con altre 33 persone, era stato accusato di aver violato vincoli e autorizzazioni paesaggistici, avendo eluso – secondo l’accusa – nelle varianti al progetto originario nuove Valutazioni d’impatto ambientale, in particolare con riferimento allo scavo del tunnel prossimo a monumenti d’interesse nazionale come la Fortezza da Basso. Tra gli altri indagati illustri figuravano anche Giuseppe Mele, altro dirigente delle Infrastrutture nazionali, a sua volta prosciolto, e Rita Lorenzetti, ex presidente della Regione Umbria e presidente di Italferr (società di progettazione del gruppo Ferrovie), quest’ultima rinviata a giudizio, ma dopo che sono cadute molte accuse a suo carico, in compagnia di 20 altre persone fisiche e di sei persone giuridiche (processo al via il prossimo 16 dicembre). Da questa prima inchiesta nacque nel 2015 quella cosiddetta “Grandi Opere”, che portò alle dimissioni dell’allora ministro delle Infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi (non indagato, ma considerato prossimo a Incalza e sospettato di essere inserito in un sistema di favoritismi). Per quest’altro caso la procura di Firenze non ha ancora avanzato richieste.
Ma chi è Incalza? Oggi 73enne, nel 2001, ai tempi del governo Berlusconi, fu nominato capo della segreteria tecnica del ministro Pietro Lunardi. Cominciò lì la sua ascesa da burocrate a super-burocrate: 14 anni, sei governi e quattro ministri dopo, egli era ancora là. Ai tempi del dicastero guidato da Altero Matteoli era stato promosso capo della Struttura tecnica di missione per poi essere confermato da Corrado Passera (governo Monti) e da Maurio Lupi (governo Letta). E proprio sotto il governo Letta arrivò l’iscrizione nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla Tav fiorentina. Il 16 maggio 2015, poi, l’arresto, i 19 giorni in carcere e i tre ai domiciliari per via delle intercettazioni acquisite dalla pubblica accusa nell’ambito di un procedimento “figlio” di quello sulla Tav. Ieri, infine, per l’ex alto funzionario – oggi in pensione – il quindicesimo proscioglimento su 15. Ha la possibilità di fare 16 su 16, giacché resta ancora aperto l’ultimo caso della sua carriera: quello che spinse appunto il “suo” ministro Lupi a rassegnare le dimissioni.