Una due giorni ricca d’impegni quella organizzata dall’associazione Antiracket-Antimafia, una due giorni che ha visto la partecipazione di Marisa Garofalo, sorella di Lea, vittima della ‘Ndrangheta, e di Paolo De Chiara, autore del libro “Il coraggio di dire no”, iniziata il 19 febbraio presso l’aula convegni del Dipartimento ionico sistemi giuridici ed economici di Taranto, e continuata con l’inaugurazione della sede di Erchie, intitolata proprio a Lea Garofalo, in un locale affidato dall’amministrazione comunale guidata dal Sindaco Giuseppe Margheriti.
Il 20 febbraio, nel corso di una riunione tenutasi presso Palazzo Nervegna a Brindisi tra l’associazione Antiracket- Antimafia per la Puglia, quella calabrese rappresentata da Maria Garofalo e l’associazione Cittadini contro le mafie e la corruzione del Molise (rappresentata da Letizia Giancola) è emerso il bisogno di un’antimafia sociale matura, aperta e strutturata democraticamente, al fine di recepire tutti quegli stimoli che provengono dai vari settori della società. E così nata in Puglia una nuova antimafia sociale che si basa sull’esperienza di chi le mafie le ha subite sulla propria pelle e sulla partecipazione di tanti uomini, donne e giovani delle varie regioni aderenti. Una nuova realtà che vede l’adesione anche della Sicilia con la testimone di giustizia Valeria Grasso e del Lazio, che sarà presentata nella sua intera compagine entro la prossima primavera a Roma.
«Fare a gara ad essere i primi della classe non paga – afferma Letizia Giancola di Cittadini contro le mafie e la corruzione Molise – crediamo fermamente che soltanto unendo le forze e le nostre capacità e guardando insieme nella stessa direzione, possano essere perseguiti e raggiunti gli obbiettivi di una seria e credibile antimafia civica».
«Da questo momento in poi, il mio impegno nel ricordare Lea – afferma Marisa Garofalo – sarà supportato da un’organizzazione strutturata e radicata sul territorio nazionale di cui sono contenta e onorata di fare parte: oltre che essere tra i promotori di questa rivoluzione associativa, questa è una decisione che non lascia spazio a dubbi. Uniti si può e soprattutto si può raccontare la verità utilizzando le giuste parole, perché le parole sono importanti, possono avvicinare o allontanare, incoraggiare o ferire, accogliere o emarginare».
«E’ il “noi”il soggetto della lotta alle mafie, è il “noi” l’unico soggetto per un reale cambiamento sociale – dichiara Paride Margheriti, coordinatore dell’Associazione Antiracket-Antimafia e testimone di giustizia – da qui l’esigenza di unire le proprie esperienze e le proprie forze per una legalità organizzata, fatta di cuore e di esperienze dirette da mettere al servizio della società. Una nuova antimafia sociale e non una holding, con l’obiettivo di costruire insieme, creando coesione umana e di intenti. Si tratta di essere in grado di scuotere anche chi resta in silenzio, anche chi appare distante dall’impegno antimafia. Bisogna avere la capacità di spiegare i vantaggi del prendere posizione e il pericolo del girare la testa dall’altra parte».
«Le mafie – continua Margheriti – possono essere combattute e vinte con la sensibilizzazione, la formazione delle coscienze e l’informazione che accompagna e sostiene l’attività giudiziaria, la denuncia e l’inchiesta, che rimarrebbero fini a se stesse se non si fosse in grado di creare un reale movimento culturale che, come diceva Paolo Borsellino, sia in grado di smuovere le coscienze».
Si sta già lavorando al nuovo logo di questa federazione, che rispetterà le identità e le autonomie territoriali di ogni singola associazione e soggetto che ne farà parte. Sarano coinvolti testimoni di giustizia, associazioni e uomini e donne che vorranno mettere a disposizione il proprio tempo per un dovere civico e per un’antimafia sociale 2.0 in grado di percepire le evoluzioni delle mafie nei propri territori, nella massima apertura e rispetto, il tutto in netta sinergia e spirito di collaborazione con l’antimafia istituzionale. Pensare che ognuno possa procedere da solo è l’errore più grande si possa fare ed è nostro dovere dare il giusto valore e sostegno all’azione repressiva.