Assolti perché il fatto non sussiste: escono indenni dal processo nel quale erano imputati il dirigente del Comune di Francavilla Fontana Francesco Taurisano, l’ex commissario straordinario Maria Rita Iaculli e l’ex segretario generale Francesco Fumarola. Le accuse formulate a loro carico dal pubblico ministero Raffaele Casto erano, a vario titolo, di falso ideologico e di abuso d’ufficio aggravati. Per Taurisano era stato chiesto un anno, 9 mesi e 10 giorni di reclusione, per Iaculli un anno e quattro mesi con pena sospesa e per Fumarola un anno e otto mesi con pena sospesa e interdizione dai pubblici uffici.
L’inchiesta era partita da un esposto anonimo con il quale l’autore segnalava alla Procura che Taurisano, da poco confermato quale responsabile dei settori ai quali già sovrintendeva, era stato in precedenza condannato a un anno e otto mesi proprio per abuso d’ufficio. Secondo l’esponente e poi anche secondo il magistrato inquirente, il provvedimento di riconferma – adottato in piena gestione commissariale (Iaculli era subentrata al dimissionario Vincenzo della Corte) e sotto la segreteria di Fumarola – sarebbe stato in conflitto con il decreto legislativo numero 39 del 2013 (emanazione della cosiddetta Legge Severino), che avrebbe dovuto penalizzare Taurisano. Gli imputati avevano optato tutti per il giudizio abbreviato, convinti di poter dimostrare la propria innocenza “allo stato degli atti”. E così è poi effettivamente stato.
Gli avvocati Roberto Palmisano (per Taurisano), Pasquale Annicchiarico (per Iaculli), Vincenzo Vozza e Gaetano Melucci (entrambi per Fumarola) sono riusciti a convincere il giudice dell’udienza preliminare Maurizio Saso della buona fede, della ragionevolezza e, in buona sostanza, della liceità dei comportamenti tenuti, nel corso dell’intera vicenda, dai loro assistiti. I fatti contestati risalivano al 2013. Maria Rita Iaculli prese le redini dell’ente il 18 aprile e il 31 luglio nominò segretario generale Fumarola a seguito del pensionamento di Maria Antonietta Lupoli.
Il 25 settembre dello stesso anno, al fine di consentire il regolare funzionamento della macchina amministrativa, il commissario straordinario attribuì con proprio decreto a Taurisano le funzioni di responsabile del I settore ((Affari generali, Personale, Affari legali, Archivio, Protocollo e notifiche, Archivio storico, Attività produttive e Servizi demografici) e di Servizi sociali, Cultura, Turismo, Sport e Servizi scolastici anche sulla base di una dichiarazione di insussistenza di cause di inconferibilità resa il 19 settembre dal diretto interessato. Prima di affidargli l’incarico, sia il commissario che il segretario generale avevano comunque interpellato Presidenza del Consiglio, Ministero dell’Interno e Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l’integrità (Civit) costituita presso l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac).
I pareri richiesti per sapere se il decreto legislativo numero 39, che avrebbe impedito il conferimento dell’incarico a Taurisano, si applicasse anche nel caso di sentenze non irrevocabili emesse in data antecedente alla sua entra in vigore (avvenuta data 4 maggio 2013), non giunsero affatto e, dunque, si optò per il conferimento anche per tenere il Comune al riparo da eventuali contenziosi.
Nel frattempo, a Taurisano aveva dato ragione il Giudice del lavoro, propendendo per l’irretroattività della norma. Con le tesi difensive e quelle della sezione Lavoro del Tribunale di Brindisi ha concordato lo scorso 10 novembre 2015 il Gup Saso, che ha mandato assolti tutti e tre imputati con la formula “perché il fatto non sussiste”. Nella motivazione della sentenza, per la quale si era riservato i canonici 90 giorni e depositata di recente, tra le altre si legge una frase abbastanza tranchant: «Trattasi di evidenza così lapalissiana che desta vivo stupore che siffatta vicenda, connotata da genetica irrilevanza penale, possa aver determinato l’instaurazione di un processo penale così superfluo ed inutile».