Sotto l’albero il licenziamento, dipendenti Santa Teresa minacciano il suicidio

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Cosa ne pensereste di una lettera di licenziamento per regalo sotto l’albero di Natale? Cosa pensereste se dall’anno nuovo non aveste più un lavoro per mandare avanti la vostra famiglia? Non sono purtroppo solo ipotesi, è la situazione – nuda e cruda – in cui versano 38 dipendenti della società Santa Teresa della Provincia di Brindisi, ai quali è stato recapitato nei giorni scorsi il “benservito”. Stamattina si sono issati sul tetto del palazzo di via De Leo, a Brindisi, per chiedere il ritiro dei licenziamenti dopo la fumata grigia dell’incontro, tenutosi ieri, tra i sindacati e il presidente Maurizio Bruno.

Dipendenti della Provincia sul tetto minacciano di lanciarsi giù
Dipendenti della Provincia sul tetto minacciano di lanciarsi giù

Tutto origina da una delibera adottata nello scorso luglio e con la quale, con largo anticipo rispetto ai sei mesi indicati dalla Regione, sono stati indicati i servizi destinati alla soppressione. Quegli stessi servizi di cui finora si sono occupati proprio quei 38 lavoratori ormai ufficialmente disoccupati. Qualcuno stamane ha anche minacciato il suicidio, tanto che i vigili del fuoco hanno stesso il classico telone per scongiurare il peggio e quantomeno garantire un atterraggio morbido. Si tratta di padri e madri di famiglia originari per la maggior parte di Brindisi, Francavilla Fontana, Oria, Ceglie Messapica, Latiano e San Pancrazio Salentino. Al di là dei gesti plateali, non chiedono poi così tanto: solo che quelle lettere siano ritirate in attesa di disposizioni più dettagliate da parte della famigerata e attesissima stesura definitiva della legge di Stabilità da parte del governo centrale.

L'albero in Provincia: al posto delle palline le lettere di licenziamento dei 18 dipendenti mandati a casa anzitempo
L’albero in Provincia: al posto delle palline le lettere di licenziamento dei 18 dipendenti mandati a casa anzitempo

Licenziati in tronco e apparentemente senza un perché, dato che le disposizioni regionali sono abbastanza chiare nella parte in cui stabiliscono che i primi tagli debbano riguardare i soggetti non virtuosi. La Santa Teresa, i cui conto sono a posto e i cui stipendi sono stati finora pagati puntualmente e regolarmente, è proprio quel che si dice un soggetto virtuoso. Una tesi che sostiene anche l’ex presidente Michele Errico, il quale oggi si è aggregato ai dipendenti in protesta invocando un intervento diretto da parte del governatore regionale Michele Emiliano, che potrebbe arrivare a Brindisi già domani per conoscere personalmente la situazione. Se la montagna non viene a Maometto, Maometto va alla montagna: ed ecco dunque che una delegazione è già pronta a partire alla volta di Bari già alle 8 di domani.

La parola d’ordine non è “certezze”, ché quelle al momento non ci sono neppure per gli altri 80 in mobilità eppure in qualche modo salvi, ma “temporeggiare” anche a costo di raschiare il fondo del barile e tagliare davvero altri rami secchi della Provincia senza compromettere il sostentamento di 38 nuclei familiari. Nel frattempo, gli scioperanti di oggi sono scesi dal tetto del palazzo, ma hanno già promesso che, in assenza di schiarite, domani replicheranno. D’altra parte, se davvero la Santa Teresa dovesse di qui a qualche mese scomparire del tutto, chi si occuperebbe della viabilità e della pulizia delle strade provinciali, del servizio ambiente, delle scuole? Chi vigilerebbe sulla regolarità degli impianti termici?

Da questo settore sarebbero dovuti giungere nelle casse dell’ente 850mila euro grazie alle auto-certificazioni sulle caldaie. Ne sono giunti, ad oggi, circa 650mila. Non tantissimi, ma neanche pochi. Possibile che non si sia in grado di recuperare 200mila euro anche attraverso i controlli a campione – previsti per legge – sulle mancate auto-certificazioni nei vari comuni? Ogni accertamento con esito negativo vale un verbale da 148 euro. E chi effettua i controlli, chi eleva i verbali? Sempre la Santa Teresa.

E, allora, al di là delle festività natalizie, se la società è sana e anzi virtuosa, se i provvedimenti non sono poi così urgenti, se i servizi sono utili e resterebbero scoperti, perché anticipare la sofferenza di cose tante persone? Perché non consentire loro di godersi il periodo e di pensare dopo, con relativa calma e con ogni garanzia di legge, al proprio futuro?

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