Si riceve e pubblica:
Quella che vi raccontiamo è la storia di un giovane ragazzo che ha vissuto e patito il Dopoguerra, ha provato la fame e per aiutare la sua numerosa famiglia andava con i suoi fratelli sulle rotaie della ferrovia per recuperare un po’ di tabacco dai mozziconi di sigaretta, all’epoca senza filtro, e un po’ di carbone da rivendere per comprare un pezzo di pane da portare a casa. Tutto questo ed altro ancora non l’ha piegato.
Al contrario ha dato lui la forza per andare avanti: trovò lavoro come garzone al bar Fiamma e il suo primo compenso fu un paio di scarpe da donna “usate “. Nel lontano 1954, 18enne, ebbe l’audacia di chiedere ai dirigenti dell’Ospedale A. Di Summa uno stanzino per creare un piccolo spaccio per le necessità degli ammalati e dei dipendenti ospedalieri: riuscì nel suo intento!
Nel corso degli anni si fece uomo, si sposò in ristrettezza con una bellissima infermiera che frequentava la Scuola Convitto. Il giorno del suo matrimonio in ospedale c’era uno sciopero e così tanti amici e conoscenti ebbero la possibilità di andarlo a salutare a sorpresa partecipando con gioia perché era un ragazzo generoso che si faceva facilmente voler bene.
Ebbe due figlie e col tempo quel piccolo spaccio nel 1957 diventò un piccolo bar, poi un bar più grande. Assunse dei ragazzi giovani, poco abbienti, così come lo era stato lui facendo felici le loro mamme che non volevano saperli per strada a perder tempo, ma ad imparare un mestiere. Le figlie crebbero e come loro anche quei ragazzi che, cresciuti come in una famiglia, son diventati uomini, donne, genitori, arrivando ad essere nonni alle soglie della pensione, mantenendo sempre quel posto di lavoro, nonostante i diversi periodi di crisi.
Vi parliamo di una persona per la quale una stretta di mano equivaleva, ed è così ancora oggi, ad un contratto stipulato, non scritto. Al compimento dei 40 anni di attività è stato insignito, dalla Camera di Commercio di Brindisi, dell’onorificenza di “Maestro del Commercio.”. Un giorno gli fu chiesto di trasferirsi all’Ospedale A. Perrino, dove con i suoi dipendenti continuò a lavorare quando ancora l’Ospedale non era operativo, ma vi erano solo operai e muratori, impegnati a ristrutturare l’edificio. Ovviamente, vi stiamo anche parlando di un uomo che ha dei difetti, ma che ha vissuto la sua vita con onestà e generosità, prendendo ogni decisione di pancia e col cuore.
In questi lunghi anni, fino al 12 novembre 2015, non si è risparmiato: ha garantito un servizio pulito, in ogni senso, accogliente e onesto, anche nel giorno più triste della sua vita, quando ha visto spegnersi la sua amata, troppo giovane, consorte o quando a causa di un incidente è stato costretto in un letto per 6 lunghi mesi. Quel bar rappresenta la sua vita, la sua casa, la sua famiglia, è una sua “creazione “.
Quel bar non c’è più! Certamente, a breve, ce ne sarà un altro, ma non sarà mai più la stessa cosa: è finita un’epoca! Quell’uomo di cui vi raccontiamo, però, per nostra fortuna, c’è ancora e ci auguriamo che ci sarà per molti anni ancora. È un uomo molto amato dalla sua famiglia e da chi ha goduto della sua amicizia e lo conosce veramente. Quell’uomo, insieme a pochi altri, ha fatto la storia di Brindisi: per noi è un’istituzione e pensiamo meritasse di andare in pensione in maniera più dignitosa e serena. Le persone meritevoli si onorano quando sono in vita e lui è una grande persona. Questa è la storia di un galantuomo, questa è la storia di nostro padre, Benito Pagliara.
Col cuore ti diciamo: grazie papà. Tiziana e Antonella.
Brindisi, 18 novembre 2015