Se Atene piange, Sparta non ride. Se appaiono giustificate le recriminazioni di Brindisi dopo essere stata esclusa da tutte e due le puntate di “Ulisse – Il piacere della scoperta”, celebre programma condotto da Alberto Angela in onda su Rai3, altrettanto legittimo è far notare come anche Oria sia stata, nel suo piccolo, snobbata.
Ciò, specie nel corso del primo appuntamento televisivo, trasmesso lo scorso 10 ottobre e durante il quale si è parlato, tra le altre cose, di Federico II e dei castelli di Puglia. Comprensibile l’attenzione riservata al maestoso e unico Castel del Monte di Andria, ma perché non considerare minimamente un altro unicum qual è il castello di Oria? No, non possono e non devono essere considerate attenuanti i recenti problemi – estranei alla storia – che lo circondano.
Certamente clamoroso il caso di Brindisi, questo sabato, quando si è accennato alla costruzione della Via Appia in epoca romana. L’Appia, come noto, partiva da Roma e conduceva proprio al capoluogo adriatico, passando anche da Oria. Ecco un motivo in più per il quale sarebbe stato opportuno e corretto fare una capatina anche in questi due importanti luoghi, che di cose da raccontare ne hanno eccome. Si è parlato anche della Xylella, ma neppure in questo caso nulla su quell’enclave dell’epidemia che è Oria.
D’accordo la necessità di sintesi, ma in due puntate due anche un semplice sopralluogo si sarebbe, in fondo, potuto effettuare. Così, oltre che delle grotte di Castellana, dei trulli di Alberobello, del canalone di Gravina in Puglia, della cattedrale di Trani, della Donna di Ostuni, di Castel del Monte e poi, ancora, di Lecce e del suo barocco, della cartapesta, del carnevale di Putignano, della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, dell’oliveto millenario di Ostuni, di Gallipoli, della Focara di Novoli, della Grecìa Salentina, della cripta dei Santi Stefani di Vaste (Poggiardo), della chiesetta di Santo Stefano a Soleto, dell’olio d’oliva, del pane, delle friselle, della pasta fresca, dei pomodori, dei lampascioni, dei formaggi, dei ceci, dell’uva, del vino, di Taranto, dei delfini di Taranto, del Museo Archeologico, degli artigiani tarantini, di navi e marinai, del castello aragonese, delle cozze, di Otranto, di pizzi merletti e ricami, del lago rosso nell’ex cava di bauxite, della Zinzulusa, della grotta dei Cervi a Porto Badisco, della grotta della poesia a Roca Vecchia, del faro di Punta Palascìa, del Salento nel cinema, dell’Alba dei popoli; oltre che di tutto ciò, di sicuro in grado di tramandare millenni di civiltà, non si sarebbe proprio potuto volgere uno sguardo – magari anche fugace – a Brindisi e poi a Oria, che vanta 3mila anni di storia?