Si riceve e pubblica:
Nei giorni scorsi, in una strada secondaria alla periferia di Francavilla, su di un muro, tra dichiarazioni d’amore (più o meno) eterno e goliardiate tipicamente adolescienziali, è comparsa una scritta dalle terrificanti allusioni, che ha profondamente scosso gli animi e i cuori dell’élite politica e culturale della sinistra cittadina. Sì, perché il cittadino comune, reo di ignoranza e adesione tacita alle tanto aberranti teorie xenopopulistofascioleghiste, colpevolmente “se ne frega”. O forse no?
Il folle atto, compiuto sicuramente da sconsiderati, spintisi troppo in là per quelli che sono i canoni della tanto tollerata libertà espressiva, che prevede e ben accetta su qualsiasi muro della città l’abbondare di teq, motti pro weed-legalization, e, ma senza troppo esagerare nei toni, qualcosina contro le forze dell’ordine (roba canonica però, non di vera denuncia).
No, questi selvaggi hanno davvero voluto passare il segno, mettendo nero su grigio (è da un po’ che non si imbianca…) parole che, pur essendo sulla bocca e nelle menti di molti, non possono e non devono essere dissuggellate, pena la squalifica dell’intera città e del buon nome del suo sindaco di fronte all’intelighenzia demo – liberal radical – chic.
Un’eventualità così talmente catastrofica per la cittadinanza tutta da mettere subito in allarme il primo cittadino, il quale, mai come in questo caso, ha tempestivamente adoperato tutti i suoi poteri, rassicurando la stampa riguardo all’immediata rimozione della scritta, agitando il pugno contro i colpevoli e promettendo provvedimenti esemplari contro tutti coloro che con simili atti rischiano di far passare Francavilla per una “città inospitale”.
A chiosare il tutto l’immancabile attestazione di solidarietà nei confronti degli immigrati, ribadendo che tutti tra loro fuggono da guerre e persecuzioni e che i cittadini sono obbligati da governo e U.E. ad accogliere senza remore. Dello stesso tenore poi le dichiarazioni del vicesindaco.
Ma, alla fine, quale atrocità è stata impressa su quel muro della vergogna a colpi di odio e vernice spray? Quale volgare provocazione al comune senso della decenza? Un motto inneggiante al suprematismo razziale? Parole lugubri ripescate da un macabro frasario di marca terzimperiale? Un invito allo sterminio spietato di una determinata categoria umana? Un verso dell’inno della Juve?
No, niente di tutto questo. Su di quel muro alla periferia della città, di fianco ad una croce celtica un po’ più stinta e, probabilmente, antecedente, sono state riportate queste due parole: Stop immigrazione. Sì, un semplice invito a porre un freno ad un fenomeno dai risvolti catastrofici, che settimana per settimana trasforma il Mediterraneo, il “Mare Nostrum” romano, in un cimitero sommerso dove trovano la loro fine masse di disperati nel tentativo di raggiungere l’Europa, per insegure un sogno di ricchezza, nient’altro che quello, abbindolati da messaggi che i media occidentali continuano a mostrare loro attraverso le piattaforme di comunicazione lì più comuni.
La percentuale di profughi in fuga da guerre è veramente minima, e a testimoniarlo ci sono le cifre delle concessioni di asilo politico. Una vera e proprià calamità, dai risvolti drammatici soprattutto per gli ospitanti. Basti pensare alle polveriere che vanno creandosi (o che vengono create ad arte) nelle periferie delle grandi città, dove con l’immissione di grosse quantità di “refugees”, lo stato di disagio in cui già versavano quei luoghi si è trasformato in degrado generalizzato, rendendo interi quartieri delle vere e proprie bidonville invivibili, con uno Stato totalmente assente e dove via via va crescendo un clima di vera e propria guerra tra poveri, nella quale è ormai abbastanza evidente che dovranno necessariamente essere gli italiani ad avere la peggio.
Per non parlare di tutti coloro i quali, pur versando in condizioni di vera e propria povertà, nell’ambito dell’assistenza e del soccorso sociale si vedono ogni giorno scavalcati da stranieri, ormai divenuti prioritari agli occhi delle istituzioni, che giustificano il tutto con richiami a deliranti logiche di accoglienza, tolleranza e integrazione. Forse, caro vicesindaco Trisolino, a fomentare “l’onda dell’odio razziale o della xenofobia, in un momento di grande disperazione sociale come quello che stiamo attraversando” non è chi a gran voce chiede di finirla con questa corsa all’etnosuicidio, ma chi, nel nome della tanto necessaria “ospitalità”, decide con molta disinvoltura di mettere da parte i propri cittadini ed il proprio popolo. E, se ne faccia una ragione, quella scritta non è lì per provocare, ma invece scaturisce dalla rabbia che va montando tra la nostra gente.
Si tenga bene a mente il vecchio adagio “muri puliti, popoli muti”. Intanto, la tanto tollerata marmaglia artistica che liberamente può far mostra di sé in ogni angolo della città, dalle case private fino ai monumenti, quella che per l’appunto si firma con le tanto amate teq, prese in prestito dal mondo gangsta a stelle e strisce, il quale è tanto utile per pescare idee quando l’agiata vita da figli della meglio borghesia cittadina comincia ad annoiare e si sente la necessità di atteggiarsi a “tipi di strada”, ha dato un’altra volta sfoggio delle proprie qualità intellettuali e morali, questa volta a pochi metri dalla piazza, su un altro muro di pubblica competenza, dove ora campeggia a lettere cubitali “il fascista buono è il fascista morto”.
Beh, che dire, in questo caso c’è tutto: l’odio verso il diverso da sé, l’incitazione alla violenza, l’intolleranza.
Sindaco Bruno, ora ci si deve aspettare altrettanta tempestività e qualche altro comunicato, o quest’occasione non è consona a farsi un po’ di pubblicità sui quotidiani locali?
Franco Gallone