Francavilla, durissimo scontro polizia-carabinieri dopo l’arresto di un collega

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siamo tutti con andrea
L’immagine e il motto con i quali i colleghi, su facebook, si sono schierati compatti dalla parte dell’agente di polizia Andrea Camassa, a loro dire ingiustamente arrestato dai “cugini” carabinieri

Dopo l’arresto di un agente, accusato di rissa aggravata, a Francavilla Fontana, è rischio incidente diplomatico polizia-carabinieri. I colleghi del 31enne Andrea Camassa hanno scritto una lunga lettera schierandosi dalla sua parte e implicitamente condannando l’operato degli uomini dell’Arma: a loro dire – ma questa è anche la tesi dell’arrestato, ora imputato in un processo per direttissima: udienza fissata per domani – Camassa, che presta servizio a Napoli, non sarebbe stato protagonista della rissa, ma sarebbe intervenuto per sedare gli animi di Arcangelo e Pietro Cinieri, padre e figlio di 53 e 27 anni, il primo ex carabiniere, all’interno di un bar in via Aldo Moro nella Città degli Imperiali. Di più: il poliziotto avrebbe sua sponte chiesto una mano ai “cugini” per poter procedere all’arresto del 27enne che, sempre a suo dire, avrebbe prima infastidito proprietari e clienti dell’esercizio, poi con l’aiuto del genitore si sarebbe accanito proprio contro Camassa, che nel suo luogo d’origine si trovava in vacanza insieme con la famiglia al seguito. Diversa, ovviamente, la versione ufficiale dei militari in forza alla Benemerita, secondo i quali l’agente avrebbe invece preso parte alla rissa.

Qui sotto riportiamo fedelmente e integralmente la presa di posizione dei colleghi di Camassa, ancora agli arresti – come gli altri due – con l’accusa di rissa aggravata:

Pochi minuti.

È il tempo che occorre per leggere questa nostra lettera aperta.
Chiediamo scusa sin da ora se sarà imperfetta ed a tratti poco chiara ma la stiamo scrivendo col cuore e con mille emozioni che pervadono il nostro corpo.
Non siamo abituati a scriverne. In genere ci destreggiamo tra un verbale di sequestro ed uno di arresto. Siamo poliziotti, non scrittori. Proprio come il nostro collega ed amico Andrea.

Un ragazzo gentile e di cuore ancor prima che poliziotto preparato e professionale. Sempre pronto al sacrificio e disponibile con tutti. Uno che, se avevi bisogno, era sempre al tuo fianco. Una persona che ha sempre usato il dialogo per risolvere situazioni delicate senza però mai tirarsi indietro quando c’era una persona in difficoltà.

E non si è nascosto nemmeno in questa sua vacanza quando ha visto che questa volta era la sua famiglia ad aver bisogno di lui. Già perché questo lavoro, il nostro, non lo si spegne con un interruttore. Non finisce quando ci si toglie la divisa.

Così Andrea non ha esitato ad intervenire quando, mentre era in vacanza con la sua famiglia in una lontana località del profondo Sud (Francavilla Fontana, Ndr), ha visto una persona esagitata entrare nel bar in cui si trovava ed iniziare ad infastidirne proprietari e clienti. Avrebbe potuto far finta di nulla. Invece no. Ha seguito il suo istinto da poliziotto. Si è qualificato invitando la persona ad allontanarsi.

Avrebbe solo voluto che tutti lì potessero godersi la vacanza serenamente. Il nostro Andrea non avrebbe mai immaginato che quella persona lo avrebbe aggredito con veemenza. Eppure Andrea non si è tirato indietro. Ha cercato di vincere la resistenza e di affrontare la violenza di quella persona tentando, al tempo stesso, di non “macchiarsi di crudeltà” verso chi invece non gli risparmiava calci e pugni.

Andrea viene aggredito, strattonato, insultato, picchiato e ferito anche dal padre dell’aggressore, sotto lo sguardo impietrito e terrificato della sua famiglia. Nonostante tutto, riesce a chiamare in suo aiuto i carabinieri (i colleghi) del posto che arrivano, dopo quasi 30 minuti. Ad Andrea, in quel momento, il tempo sarà sembrato non trascorrere mai mentre attendeva l’aiuto di chi indossa la divisa e difende i cittadini proprio come fa lui.

I Carabinieri arrivano. Si qualifica, dice di essere un “collega” e di aver bisogno di aiuto perché deve accompagnare le persone in ufficio per procedere penalmente nei loro confronti. Ed è proprio a questo punto che accade l’inverosimile.

Con una bieca e meschina mossa simile a quella usata dal Governo indiano con i nostri Maró, Andrea viene invitato nella stazione dei carabinieri per poter redigere gli atti.
Andrea magari avrà pensato, sorridendo, ne siamo certi, “vabbè una giornata di mare sacrificata ancora una volta per il lavoro” credendo che gli sguardi preoccupati di moglie e figlia fossero stati il vero sacrificio.

Invece no. Nessun atto da redigere. Andrea viene tratto in arresto per rissa aggravata… No, non è uno scherzo.  Proprio così, i suoi stessi colleghi lo hanno arrestato trattandolo proprio come si usa trattare i pregiudicati.

Si è fidato dei colleghi, ha fatto male. Molto male. Processato per direttissima con convalida dell’arresto e sottoposizione agli arresti domiciliari.
Come il più terrificante degli incubi, Andrea viene catapultato in un’altra dimensione in cui da difensore diventa aggressore, da buono, cattivo, da Batman, Joker.

Succede in questi piccoli e sperduti centri del profondo Sud. Succede, purtroppo. Noi no. Noi diciamo che non può succedere ad Andrea.
Non può accadere ad una persona intervenuta nell’esercizio delle sue funzioni. Ingannata, raggirata ed incastrata come nel più prevedibile dei film o peggiore degli incubi.

Noi non vogliamo pensare che ci sia un sistema malato in quel profondo Sud, una maxi-collusione ammorbata da evidente conflitto di interessi. Ma non siamo “colleghi”? Non ci dobbiamo aiutare gli uni con gli altri? No. In quel posto no. Non vogliamo nemmeno immaginare che ci sia dolo nell’anomalo comportamento dei carabinieri.
Dicono che a pensare male si fa peccato ma spesso si indovina.

Questa è la storia di Andrea.
Una storia che ti fa pensare che forse “farsi i cazzi propri e voltarsi dall’altra parte ti fa campare 100 anni o forse 1000 anni”.
Ad Andrea diciamo di non mollare, che gli saremo vicini e di continuare a lottare come fa ogni giorno tra le rischiose strade di questa città.

A tutti gli altri coinvolti, invece, diciamo che noi saremo, nonostante tutto, quelli che continueranno a non voltarsi quando ci sarà qualcuno che avrà bisogno di noi. Diciamo loro che continueremo a camminare a testa alta, con la coscienza pulita. Ci hanno insegnato a rischiare la vita, a correre pericoli, a difendere i deboli.

Non ci hanno insegnato a guardarci da chi dovrebbe essere al nostro fianco. Chi dovrebbe rappresentare la Legge e lo Stato e non interessi personali.
A loro lasciamo una sola domanda: “Voi abili a tenere sempre un piede qua e uno la, avrete un avvenire certo in questo mondo qua, però la dignità… dove l’avete persa?”

Firmato
I colleghi di Andrea

 

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