E’ morto sul posto di lavoro. La spiaggia. La sua spiaggia, quella che da decenni calpestava, instancabilmente, avanti e dietro, macinando chilometri sotto il sole cocente, col suo vestito bianco d’ordinanza e la sacca con la merce da vendere ai bagnanti: collane, anelli, bracciali. Bigiotteria buona e molto apprezzata. Un infarto lo ha ucciso questa mattina mentre percorreva il tratto di spiaggia fra il Lido dei cavalieri e i cancelli della pineta del conte d’Ayala, a Campomarino di Maruggio. Makmal aveva 59 anni, una moglie in Pakistan e i figli qui, al suo fianco, impegnati nella stessa attività. Lo chiamavano tutti “Mario” perché “Makmal” suonava troppo esotico, e troppo ostico da mandare a memoria.
Mario si è accasciato sugli scogli che introducono alla spiaggia D’Ayala: sotto gli occhi di centinaia di bagnanti che hanno prima cercato di dargli aiuto, poi, compresa la gravità della situazione, hanno chiesto l’intervento dei soccorsi. E questi sono arrivati, attorno alle 11 e 30, fermandosi però a centinaia di metri di distanza dal posto indicato. Mario ha avuto quel maledetto infarto nel punto più sbagliato: lontano da qualunque via di accesso alla spiaggia. Il personale del 118 e della Croce verde di San Marzano di San Giuseppe hanno dovuto scarpinare per centinaia di metri fra vialetti, pedane, una foresta di ombrelloni e sdraio, sulla sabbia e sugli scogli, prima di raggiungere l’uomo agonizzante a terra.
Per diversi minuti hanno tentato di rianimarlo, riuscendoci anche. Mario, per alcuni istanti è stato cosciente, e ha provato anche ad alzarsi. Poi tutto è precipitato. Makmal doveva essere portato in ospedale. Ma come? Come trasportare un infartuato, per altro corpulento, fino all’autoambulanza lasciata a centinaia di metri di distanza? Alcuni bagnanti sembra abbiano bussato ai cancelli del conte d’Ayala perché questi fossero aperti. Sarebbe stata la soluzione ideale per guadagnare quei minuti preziosi che in simili circostanze fanno la differenza tra la vita e la morte.
La salvezza forse era lì, in quel sentiero alberato che si apriva oltre la grande inferriata. Ma quel varco è rimasto chiuso. Stando a quanto riferito da una testimone ai carabinieri, qualcuno al di là del cancello avrebbe risposto “Non possiamo aprire, non troviamo le chiavi”. E ora questo qualcuno sarà ascoltato dagli investigatori per capire cosa sia realmente accaduto. Perché Mario è morto. Quei minuti, quella perdita di tempo, quella ricerca affannosa di una soluzione gli è stata probabilmente fatale. I soccorsi hanno dovuto trasportare il 59enne di peso, su una barella, lungo la spiaggia, mentre il quod della guardia costiera s’impantanava nella sabbia del bagnasciuga.
Mario è stato messo in ambulanza quando per lui era già troppo tardi. Sul posto sono giunti nel frattempo i figli, venditori ambulanti come lui. Sapevano che il padre aveva avuto un malore. Lo hanno trovato senza vita. Dell’accaduto sono stati informati i carabinieri, che coordinati dal pm di turno, hanno avviato le indagini per capire se e cosa non abbia funzionato. Se quel cancello poteva essere aperto, se altre vie potevano essere imboccate. Se quella morte, insomma, poteva essere evitata.
La verità tuttavia non restituirà Mario alla sua famiglia, e ai suoi affezionatissimi clienti. Migliaia di bagnanti che negli anni avevano imparato a volergli bene, a provare un affetto sincero per quell’uomo placido e paffuto venuto da lontano, dal Pakistan, che sotto quei baffoni folti e neri mostrava quel sorriso sempre dolce, mai offuscato dalla fatica. Quel “Buongiorno signora”, tanto cordiale ed educato, e raro, che non sentiremo più.