Campomarino, tra i nudisti della spiaggia D’Ayala: “Ci spogliamo per sentirci liberi”

Al mio negozio new luglio 2015

dasadas

A Campomarino è da poco scoccato mezzogiorno. Il sole picchia e la sabbia brucia. Gli scogli grigi e asciutti che affiorano dalla riva e risalgono il declivio dolce della spiaggia sembrano fungere da confine geografico. Quell’ostacolo naturale è il limes. Sai che alle spalle lasci la spiaggia libera, quella affollata di ombrelloni, famiglie, lidi, sdraio, bagnanti di tutte le età, e tutti rigorosamente e “normalmente” in costume.

Di fronte, varcata quella soglia calcarea, si accede a un altro modo di intendere il mare, quello della spiaggia D’Ayala, sovrastata dai cancelli dei terreni dell’omonimo conte. La costa lì non è più solo libera. È libertaria. Cadono le difese, i tabù, le convenzioni, e con esse i costumi, non solo quelli sociali, ma anche quelli da bagno.

La chiamano la spiaggia dei gay, perché la cominità omo l’ha eletta a suo angolo di paradiso. Ma anche la spiaggia dei nudisti, perché lì ci si spoglia. Completamente. Davanti al mare cristiallino e bellissimo gli ombrelloni sono ben distanti gli uni dagli altri. Non c’è la confusione e l’affollamento riscoltrabili altrove. Ognuno ha il suo spazio. C’è quiete e silenzio. Procedendo in direzione ovet, verso Piri Piri, si incontra ancora qualche famigliola. E i compomenti sono tutti in costume da bagno. Poi ecco il primo topless, e il secondo, e il terzo. Trovare una donna con entrambi i pezzi del costume addosso è impresa ardua.

Ma è altrettanto difficile trovare una qualche esponente del gentil sesso senza gli slip. E gli uomini? Gli uomini ci sono, spalmati al sole o riparati sotto gli ombrelloni. E sono tutti, quasi tutti, rigorosamente nudi. Ci avviciniamo, ci presentiamo. Sono gentili, ma in molti declinano l’invito a una chiacchierata.

Non tutti però.
“Salve, sono un giornalista”
“Mi fai vedere il tesserino?”
Glielo porgo. Le tanto odiate convenzioni burocratiche ad un tratto diventano necessarie. Ma Ma tant’è. Lo apre, fissandolo attraverso gli occhiali da sole:
“Ordine nazionale dei giornalisti” scandisce ad alta voce.
“Ora gliela posso fare qualche domanda?”
“Emilio. Di dove sei Emilio?”
“Della provincia di Brindisi. Ora poss…?”
“Qui forse manca una firma…”
“Senta le psso fare qualche domanda o no?”
“Dimmi che vuoi sapere?”
“Intanto perché si è coperto?”
Il naturista, vedendomi arrivare, ha pensato bene di coprire l’oggetto della discussione con un fazzoletto colorato, che tiene posato tra le gambe spalancate.

“Mi sono coperto perché tu sei coperto”
“Ma lei è un nudista”
“Si ma tu no. E per me è una questione di rispetto”
“Da quanto frequenta questa spiaggia?”
“Da una quarantina d’anni”
“E da quanti anni ci viene senza costume?”
“Una ventina”
“Posso chiederle l’età”
“Non si dice”
Non è giovanissimo. Anzi, sono pochi i “giovani” completamente nudi. Ma è un’eccezione. E’ un martedì mattina di luglio. Non tutti sono ancora in ferie. E chi è in età da lavoro, probabilmente è a lavoro. Il nostro interlocutore è infatti in pensione.
“Che lavoro fa?”
“Ho fatto tanti lavori, ora sono in pensione”

“E perché si spoglia in spiaggia davanti a tutti? Non la imbarazza? Non pensa che a qualcuno potrebbe dare fastidio?”
“Mi spoglio anche per questo, per far cadere quei tabù che fanno della nostra società ancora una società retrograda. Semplicemente mi sento libero e non ci vedo nulla di male”.

Di identico avviso un’altra coppia di naturisti che al sole preferiscono il fresco proiettato da loro ombrellone.
“Siete di queste parti?”
“No no, siamo campani”.
Il più loquace dei due tiene un libro fra le mani e un berretto in testa. E copre anche lui le sue grazie.
“Pare che i naturisti pugliesi abbiano eletto questa spiaggia come la più bella della regione in cui prendere il sole nudi. Siete d’accordo?”
“Be sì è molto bella. Ma è solo la seconda volta che ci veniamo. Stiamo trascorrendo le vacanze a Gallipoli e anche oggi siamo venuti qui a Campomarino”.
“Come avete saputo di questa spiaggia?”
“Col passaparola”

“E’ una spiaggia molto amata dalla comunità gay”
L’osservazione, effettivamente inutile e invadente, lo mette in imbarazzo. Balbetta, non si sbilancia. Mi scuso e torno sull’argomento oggetto della chiacchierata
“Come si diventa nudisti? Lei come e quando ha maturato questa scelta?”
“E’ successo un po’ di anni fa. Ero in Corsica per una vacanza e mi sono ritrovato in una spiaggia per nudisti. Lì quello fuori luogo ero io, col mio costume. Così l’ho tolto”.
“E da allora non l’ha più rimesso?”
“Mi sono trovato bene. E mi trovo bene”
“Ma in questo vostro essere nudi davanti a tutti non c’è anche un po’…”
“Vuole sapere se c’è una punta di esibizionismo? No, assolutamente no. Solo libertà”
“Che lavoro fa?”
“Sono in pensione. Ero un impiegato”

“Donne completamente senza veli come voi non se ne vedono però”
“E sai perché?”
Provo a indovinare. Tiro in ballo la sessualità, il pudore, i canoni sociali, psicologia spicciola ma niente
“La sabbia – mi stronca – Il motivo è la sabbia”
Giusto

Come si diceva, la spiaggia non è però solo frequentata da uomini e donne in completa nudità. Le famiglia non mancano. E quelle che mancano, mancano perché lì “ci sono gli uomini nudi”.
“Non è giusto” sbotta una signora del posto. “Si sono presi la spiaggia più bella della costa. Loro sono liberi di fare quello che vogliono, ma lo facessero altrove. Noi non possiamo andare lì con i nostri figli perché non è giusto che una bambina di 10 anni debba stare in spiaggia avendo davanti tutto il giorno uomini completamente nudi”.

E un’altra: “Non possiamo nemmeno più farci una passeggiata. Tra uomini nudi che prendono il sole, altri che si baciano davanti a tutti, altri che ti squadrano e si spogliano appena ti vedono passare, quella spiaggia è diventata infrequentabile. Ed è un peccato. E’ ingiusto. Il mare è di tutti. Anche quella spiaggia. Che è poi la più bella. Possibile che nessuno interviene? Perché nessuno fa niente?”

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