Hanno detto che bisgnava far presto, prestissimo; che non si poteva aspettare, che ogni secondo di vita lasciato agli alberi malati costituiva una minaccia imminente per tutti quelli sani. Hanno detto che gli ulivi centenari di Oria andavano ammazzati, abbattuti, fatti a pezzi il prima possibile perché altrimenti la Xylella avrebbe potuto contagiare quelli vicini. Hanno detto tutto questo. E hanno tramutato quelle parole in fatti. Hanno tagliato nonostante le lacrime, le urla e le proteste. Hanno fatto un massacro. Un inutile massacro. Sì perché l’urgenza, quella maledetta urgenza che ha armato le mani degli operai chiamati ad abbattere gli ulivi di contrada Frascata, è finita quando l’ultima motosega ha smesso di squarciare il placido silenzio delle campagna di contrada Frascata.
I resti degli alberi abbattuti sono oggi, venerdì 17 aprile 2015, ancora tutti lì (guarda il video alla fine dell’articolo): quattro giorni dopo essere stati fatti a pezzi. Sono ammassati gli uni sull’altri, ammucchiati come rifiuti in una discarica. E sono tutti, almeno secondo coloro che hanno ordinato l’abbattimento, ancora infetti. Insomma, resta tutto com’è. La minaccia del contagio in contrada Frascata a Oria non è stata estirpata di uno zerovirgola. Gli ulivi sani sono ancora in pericolo. La Xylella si annida fra i rami e i tronchi di quelli abbattuti, così come le larve di “sputacchina” che veicolano il batterio da una pianta all’altra.
L’insetto, probabilmente in questo preciso momento, sta infettando indisturbato altri ulivi passando dai rami infetti agli alberi sani, perché nessuno si è ancora preso la briga di bruciare i resti e “bonificare” i terreni. I sotenitori delle motoseghe a tutti i costi, quelli che “meglio abbatterne 1 per salvarne 100”, si sono fermati ai tagli. Hanno estirpato gli ulivi, ma non il contagio. Tanto valeva tenerli tutti in vita.